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Finanziamenti, chi omette truffa

del 14/09/2011
di: di Debora Alberici
Finanziamenti, chi omette truffa
Rischia una condanna per il più grave reato di truffa aggravata ai danni dello Stato e non per indebita percezione di erogazioni pubbliche l'imprenditore che omette delle informazioni ottenendo illecitamente il finanziamento. È quanto ribadito dalla Suprema corte di cassazione che, con la sentenza numero 33841 del 13 settembre 2011, ha confermato e reso definitiva una condanna per truffa aggravata nei confronti di un imprenditore che aveva ottenuto illecitamente dei finanziamenti statali. Secondo l'ipotesi accusatoria la donna aveva taciuto alcune informazioni e aveva presentato una dichiarazione accompagnata da falsa documentazione. Per questo la Corte d'appello di Napoli, confermando il verdetto di primo grado (Tribunale di Avellino), l'aveva condannata per truffa, con la condizionale. Contro questa decisione la 45enne ha presentato ricorso in Cassazione. I motivi, tuttavia, non hanno fatto breccia a Piazza Cavour che ha dichiarato inammissibile il gravame. Rispolverando vecchi principi la seconda sezione penale ha chiarito, fra l'altro, che anche l'omissione delle informazioni che inganna lo Stato sono una vera e propria truffa aggravata. «La fattispecie criminosa di cui all'art. 316-ter c.p.», hanno motivato gli Ermellini, «che sanziona l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, costituisce norma sussidiaria rispetto al reato di truffa aggravata (artt. 640 commi primo e secondo n. 1, 640-bis c.p.), essendo destinata a colpire condotte che non rientrano nel campo di operatività di queste ultime». Da ciò deriva che, ecco il nodo della questione, «la semplice presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere non integra necessariamente il primo delitto ma, quando ha natura fraudolenta, può configurare gli «artifici o raggiri» descritti nel paradigma della truffa e, unitamente al requisito della «induzione in errore», può comportare la qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 640 o 640-bis c.p. Quindi, «la linea di discrimine tra il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni e quello di truffa aggravata finalizzata al conseguimento delle stesse va ravvisata nella mancata inclusione tra gli elementi costitutivi del primo reato della induzione in errore del soggetto passivo. Pertanto qualora l'erogazione consegua alla mera presentazione di una dichiarazione mendace senza costituire l'effetto dell'induzione in errore dell'ente erogante circa i presupposti che la legittimano, ricorre la fattispecie prevista dall'art. 316-ter c.p. e non quella di cui all'art. 640-bis c.p. Fra l'altro, «la qualificazione della condotta va effettuata caso per caso dal giudice del merito, dal momento che pure il silenzio o il mendacio possono assumere natura fraudolenta ed integrare l'elemento oggettivo del reato di truffa. L'induzione in errore, infatti, anche mediante l'affidamento che può essere ingenerato da una condotta meramente omissiva, qualora questa costituisca inadempimento di un obbligo di comunicazione».
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