Insomma, il Tar Lazio ha colto l'intento elusivo della normativa riguardante l'accesso alla carriera dirigenziale, che richiede necessariamente un concorso pubblico per esami e la disciplina delle mansioni superiori, considerando illegittima la prassi di conferire incarichi a funzionari «asseritamente in provvisoria reggenza», ma nei fatti coprendo ad libitum i posti della dotazione organica. Nel caso di specie, l'Agenzia delle entrate copre i 1143 posti della dotazione dirigenziale solo con 376 dirigenti di ruolo; i restanti 767 posti sono lasciati vacanti o coperti ad interim; ma gran parte sono coperti da tempo con incarichi dirigenziali a funzionari.
Il Tar Lazio censura questa prassi sia sul piano dello stretto diritto, sia eccependo gli effetti distorsivi sull'organizzazione, che determina la mancata copertura della dotazione dirigenziale mediante concorsi, come prevederebbe la legge.
L'articolo 24 del regolamento di organizzazione è illegittimo perchè si pone irrimediabilmente in contrasto con l'articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001, il quale consente l'attribuzione di incarichi dirigenziali anche a funzionari interni solo come ipotesi straordinaria ed eccezionale, attivabile in presenza di particolarissimi requisiti di professionalità dei destinatari. Il che risulta oggettivamente incompatibile con un utilizzo così diffuso e ampio dell'istituto.
Inoltre, spiega la sentenza, «configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell'assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge» gli atti di conferimento sono da considerare radicalmente nulli ai sensi dell'articolo 52, comma 5, sempre del dlgs 154/2001.
Né gli incarichi come regolati dall'articolo 24 censurato possono essere qualificati come «reggenza», poiché non caratterizzati dalla temporaneità legata a ragioni di emergenza, propria dell'istituto della reggenza, che per altro non dà titolo alla retribuzione dirigenziale e, dunque, non costituisce nemmeno di fatto mansione superiore.
Per l'Agenzia delle entrate una tegola: dovrà rivedere la propria consolidata abitudine a coprire i posti da dirigente senza concorsi. Ma, spiega il Tar «consolidare nel tempo una situazione complessiva di grave violazione di principi fondamentali di regolamentazione del rapporto di pubblico impiego e delle garanzie relative all'accesso alle qualifiche, alla selezione del personale e allo svolgimento del rapporto» non è possibile.
Lo stesso pare debba valere anche per le altre pubbliche amministrazioni, che in questi anni non hanno certamente lesinato incarichi dirigenziali a propri funzionari con decisioni caratterizzate dalle medesime illegittimità rilevate dal Tar Lazio.
Per Giancarlo Barra, segretario generale Dirpubblica «sono state danneggiate due generazioni di colleghi in un settore delicato nei confronti dei cittadini, dove ci dovrebbero lavorare persone che rispondono alla legge prima che al loro capo. Invece sono più di venti anni che non si fanno concorsi pubblici. Sono stati fatti dei danni alle istituzioni e ai cittadini che lavorano all'Agenzia delle entrate che sono enormi. Eppure gli strumenti non mancavano, basti pensare allo scorrimento delle graduatorie o alla vice dirigenza».