
È stato, altresì, stabilito che l'omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle entrate, sia sanzionata ai sensi del comma 1, dell'art. 8 del dlgs n. 471/1997, nella misura massima prevista, pari ad euro 2.065.
È stata, inoltre, aggiunta tra le ipotesi in cui l'ufficio può ricorrere alla metodologia induttiva, ovvero determinare il reddito d'impresa e/o professionale sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, di cui all'art. 39, secondo comma del dpr n. 600/73, il caso in cui sia rilevata l'omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l'indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi stessi non sussistenti, qualora il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione accertato a seguito della corretta applicazione degli studi, sia superiore a quello dichiarato di almeno il 10%.
Infine, nei casi di accertamento basati sugli studi di settore è stato soppresso l'obbligo di evidenziare nelle motivazioni dell'atto, in caso di rettifica, le ragioni che hanno indotto l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.
In pratica, dunque, l'ufficio potrà procedere nei confronti dei contribuenti congrui senza necessità di dimostrare l'esistenza di circostanze che abbiano o reso non operativa la preclusione all'accertamento analitico induttivo (ammontare delle attività oggetto della rettifica presuntiva superiori a 50 mila euro o al 40% dei valori dichiarati oppure applicabilità delle sanzioni per omessa o infedele comunicazione), ovvero implicato il ricorso ad una modalità di accertamento diversa da quella di tipo «presuntivo» (ad esempio, qualora si sia proceduto ad accertamento sintetico).
Come si evince dal richiamo delle ultime disposizioni introdotte, il legislatore ha volutamente sbilanciato a favore dell'Amministrazione finanziaria la modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento. Prova ne è l'aver riconosciuto agli uffici la facoltà di procedere con accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele compilazione dei modelli o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché l'aver soppresso l'obbligo in capo agli stessi uffici di motivare l'eventuale non adeguamento alle risultanze degli studi di settore nei casi di rettifica del volume dei ricavi o compensi.
Quanto a quest'ultimo aspetto, peraltro, non si comprende la necessità di tale modifica: partendo dal presupposto che laddove l'ufficio procede a rettificare il volume di ricavi o compensi disattendendo le risultanze degli studi è perché ha in mano degli elementi che «dimostrano» l'inadeguatezza degli studi a stimare correttamente detti valori, la soppressione dell'obbligo di evidenziare nelle motivazioni dell'atto tali ragioni sembra avere il solo scopo di rendere più difficoltosa per il contribuente la propria difesa, omettendo di portare alla sua conoscenza gli elementi probatori in possesso degli uffici.
Riguardo, invece, alla possibilità di ricorrere all'accertamento induttivo, si ritiene tale eventualità del tutto spropositata tenuto conto da una lato della complessità del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore che ben si presta ad indurre in errore, dall'altro della circostanza che in tal modo il legislatore ha, di fatto, delimitato ai soli casi in cui non siano ravvisabili imprecisioni nella compilazione del modello l'efficacia delle recenti pronunce della Suprema Corte (nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 del 18 dicembre 2009) con le quali ha attribuito agli studi di settore valore di presunzioni semplici, inidonei, pertanto, in assenza di ulteriori elementi, a fondare un avviso di accertamento. Siamo, cioè, al paradosso per cui chi dichiara redditi inferiori alla soglia della congruità ma ha debitamente compilato il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore non può essere accertato sulla base degli studi stessi se non in presenza di «ulteriori elementi» che dimostrino la gravità dell'incongruenza (quale può essere una difformità tra valori dichiarati e quelli desunti sulla base degli studi di settore che vada ben oltre la soglia del 10%), mentre nei confronti di chi ha commesso un qualunque errore di compilazione del modello, anche di lievissima entità, che comporti l'indicazione di un valore di congruità inferiore anche solo del 10% a quello correttamente determinato, l'accertamento sulla base degli studi di settore scatta senza che per l'ufficio sia necessario addurre ulteriori elementi probatori circa la gravità dell'incongruenza.
In conclusione, anche in questa circostanza il legislatore ha dimostrato di voler anteporre l'interesse fiscale a una agevole e rapida riscossione di pretese la cui legittimità è tutta da dimostrare rispetto alla doverosa tutela del contribuente fisiologicamente parte più debole nel rapporto impositivo.
Ancora una volta, dunque, torna d'attualità il tema dell'upgrade costituzionale dello Statuto del contribuente.