
I giudici delle leggi hanno respinto la tesi difensiva di palazzo Chigi che puntava a ricondurre l'art.43 all'interno della materia di competenza esclusiva statale riguardante la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali. La Corte ha osservato che tale competenza esclusiva, capace di restringere fortemente l'autonomia delle regioni «allo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione», proprio per questo non può essere chiamata in causa «rispetto a una scelta legislativa che, prevedendo la possibilità di istituire zone a burocrazia zero solo in talune parti del territorio statale (il Sud Italia) tende viceversa ad avvantaggiare, rispetto alla generalità degli utenti che intendono intraprendere nuove iniziative produttive, quelli che agiscono in tali zone».
Invece, secondo la Consulta, dice il vero la regione Puglia quando lamenta che la disposizione impugnata attribuisce «in modo generalizzato e astratto» a un organo statale «un insieme indifferenziato di funzioni, individuate in modo generico e caratterizzate anche da una notevole eterogeneità quanto alla possibile incidenza sulle attribuzioni di competenza». I super-poteri del commissario governativo, infatti, si esercitano in tutti i procedimenti amministrativi riguardanti nuove iniziative produttive «a prescindere dalla materia nel cui contesto hanno rilievo tali procedimenti».
Insomma, secondo la regione guidata da Nichi Vendola, la molteplicità delle materie coinvolte e l'affidamento a un unico organo governativo del potere di decidere sui procedimenti determinerebbero una violazione dell'art.117 Cost. (terzo e quarto comma) e dell'art. 118, secondo comma, che vincola la possibilità di allocare funzioni amministrative alla titolarità della competenza legislativa in materia. Di qui la decisione della Consulta di dichiarare illegittima la norma nella parte in cui si applica ai procedimenti amministrativi di competenza regionale.