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Anomalie contabili spie del fisco

del 01/06/2011
di: di Debora Alberici
Anomalie contabili spie del fisco
Il fisco può considerare ricavi in nero la differenza fra il saldo negativo di cassa e gli introiti registrati.

È quanto stabilito dalla Suprema corte di cassazione che, con la sentenza numero 11988 del 31 maggio 2011, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.

Per i giudici di legittimità non ci sono dubbi: «In tema di accertamento induttivo del reddito d'impresa ai fini Irpeg e Iva, ai sensi dell'articolo 39 del dpr 600 del 1973, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella di introiti registrati, oltre a costituire un'anomalia contabile, fa presumere l'esistenza di ricavi non contabilizzati in misura pari almeno al disavanzo».

In seguito a un'ispezione della Guardia di finanza l'ufficio delle imposte aveva recuperato a tassazione ricavi in nero per oltre 200 mila euro. Il conto era stato fatto in base al saldo di cassa negativo, 25mila euro, e ai finanziamenti infruttiferi dei soci, 180 mila euro. Contro l'atto impositivo la società, una srl che svolgeva attività commerciale, aveva presentato ricorso alla Ctp di Verona. I giudici avevano accolto i motivi. La Ctr aveva confermato motivando che «il recupero operato del saldo negativo di cassa come importi non contabilizzati fosse privo di ogni logica». Ciò anche perché l'ufficio aveva di fatto contestato una gestione economica senza dimostrare il rapporto «tra la movimentazione del conto cassa e gli ulteriori ricavi accertati». Questa decisione non è piaciuta ai giudici del Palazzaccio che l'hanno bocciata. In particolare secondo gli «Ermellini» una chiusura di cassa con segno negativo è «un'anomalia contabile». Non solo. Secondo il Collegio «denota sostanzialmente l'omessa contabilizzazione di un'attività almeno equivalente al disavanzo». Non solo. La Cassazione ha sostenuto che la Ctr ha sbagliato nella ripartizione dell'onere della prova. Per il Collegio di legittimità non era dunque l'ufficio a dover dimostrare il rapporto tra la movimentazione del conto di cassa e gli ulteriori ricavi.

Ma il caso non si chiude qui. La Suprema corte ha infatti accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate con rinvio. Ora il caso dovrà essere rivalutato dai magistrati di Verona che dovranno decidere aderendo alla linea dura adottata da Piazza Cavour. La vicenda processuale è tutt'altro che lineare. Infatti, oltre ad aver generato una grande disparità di opinioni fra i diversi Collegi, che si sono arroccati su posizioni completamente diverse (giudici di merito favorevoli alla società contribuente e giudici di legittimità favorevoli al fisco), ha anche prodotto interpretazioni eterogenee all'interno del Palazzaccio. Infatti, nell'udienza svoltasi lo scorso 15 marzo, la Procura generale della Suprema corte aveva sollecitato una decisione opposta rispetto a quella depositata ieri mattina. E cioè aveva chiesto al Collegio di respingere il ricorso dell'Agenzia delle entrate e di confermare quindi la sentenza della Ctr veneta.

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