
La norma prevede che a fronte della notifica dell'avviso di accertamento il contribuente potrà proporre istanza di sospensione presso la commissione tributaria. Fin qui nulla di nuovo, la novità sta nel fatto che il provvedimento prevede che l'atto non diventerà esecutivo fino al momento in cui non sarà emanato il giudizio che decide sulla sospensione e comunque dopo 120 giorni dalla data della notifica.
«Una revisione urgente dell'articolo 29 era necessaria», ricorda il presidente Falcone, «e per questo abbiamo accolto con gran favore l'idea del governo di ripristinare l'impianto normativo ante dl 78/2010. Lo stop sull'esecutività è senza dubbio da considerarsi positivo, ma, di fatto, la novella normativa non risolve la questione che nella maniera più semplice e logica non avrebbe dovuto prevedere alcun termine».
Così Falcone riassume ciò a cui si andrà incontro a partire dal 1° luglio: «È chiaro che 120 giorni risultano essere un periodo esiguo per i giudici, che non saranno in condizione di evadere tutta la mole delle istanze di sospensione che saranno presentate. Se consideriamo le enormi difficoltà a cui già oggi devono far fronte, possiamo ben immaginare cosa potrà accadere una volta entrato in vigore il decreto in questione. Inoltre», prosegue il presidente della Lapet, «i contribuenti potranno ritrovarsi comunque a pagare una somma indebita una volta trascorsi i 120 giorni dalla proposizione dell'istanza, senza che le commissioni siano riuscite a giudicare entro questi termini».
La Lapet condivide dunque pienamente le preoccupazioni del presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, Daniela Gobbi, di un aumento esponenziale delle istanze di sospensiva. «A fronte dell'annunciato incremento delle istanze», conclude Falcone, «si continuerà ancora a non disporre di strutture e personale adeguato all'interno delle Commissioni tributarie giungendo sino alla congestione della giustizia tributaria».