
Domanda. Enrico Zanetti, evidentemente quello che i commercialisti italiani avevano denunciato alcuni mesi fa non era poi così campato per aria.
Risposta. Certo che non lo era. A posteriori possiamo dire che era un segnale d'allarme in anticipo sui tempi di maturazione della consapevolezza del problema da parte degli altri attori del dibattito tecnico-politico in materia fiscale, ma è un «vizio» tipico dei commercialisti italiani quello di vedere prima i problemi che, per altri, sono ancora soltanto un puntino indistinto all'orizzonte. Avevamo cercato di anticipare i tempi del dibattito e così anche la ricerca della soluzione. Non siamo stati capiti, pazienza.
D. All'epoca fu letto forse dai vertici dell'Agenzia come un attacco.
R. E perché? Forse che quello del ministro Tremonti è un attacco ai vertici dell'Agenzia? Non credo proprio. E se lo fosse, sarebbe a dir poco ingeneroso. A parte il direttore Attilio Befera, che ha saputo interpretare il suo ruolo con una efficacia anche mediatica nemmeno paragonabile a quella dei suoi predecessori, lo staff di vertice dell'Agenzia è oggi forse il più qualificato dai tempi di Gianfranco Ferranti e Maurizio Leo. Penso, ad esempio, a Marco di Capua, Arturo Betunio, Aldo Polito. Il punto è che, nel biennio 2009-2010, l'azione congiunta della crisi economica, e di obiettivi di risultato comunque crescenti, ha determinato sull'Agenzia una pressione ancora più forte di quella fiscale e ciò a portato a vedere come ragionevoli e inevitabili misure che viceversa, messe tutte insieme, finivano per divenire eccessive. Questo noi abbiamo detto e questo, ora che dal ministro Tremonti c'è stato l'implicito via libera, tutti i capitani coraggiosi vanno dicendo.
D. E adesso?
R. Adesso si farà qualcuna delle semplificazioni che i commercialisti stessi avevano ipotizzato e, probabilmente, si prenderà atto che, per poter fare entrare in vigore una norma come quella sugli accertamenti esecutivi, bisogna creare i presupposti per non avere una situazione sistematica di solve et repete. Poi c'è la questione redditometro, ancora oggi un'araba fenice che potrebbe però rappresentare davvero la svolta nella lotta all'evasione fiscale di massa; altro che gli studi di settore. I vertici della nostra categoria erano realmente disponibili a tenerlo a battesimo insieme ai tecnici dell'Agenzia, previa ovviamente verifica dei modelli e accoglimento di eventuali osservazioni. Un atto di generosità, anche nel rapporto con la propria base di iscritti, perché è evidente che, come commercialisti, non avremmo avuto nulla da guadagnarci a dare una legittimità concettuale e tecnica, più ampia del solo recinto dell'amministrazione finanziaria, ad uno strumento di accertamento. Una vera e propria occasione persa; per il Paese, non certo per noi.