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Lista Falciani stoppata in Francia

del 29/03/2011
di: di Gabriele Frontoni
Lista Falciani stoppata in Francia
Doccia fredda per il Fisco francese. La Corte d'appello di Parigi ha dichiarato illegittimo l'utilizzo dei dati contenuti nella lista Falciani perché ottenuti illegalmente da parte delle autorità tributarie. Con una storica sentenza datata 8 febbraio 2011, il primo presidente della Corte d'appello di Parigi, Line Tardiff, ha accolto le istanze presentate dagli avvocati di uno dei 3mila presunti evasori il cui nome figura nello stralcio della lista consegnata il 9 luglio 2009 dal procuratore di Nizza, Eric de Montgolfier, agli agenti del Fisco di Parigi. Riserbo assoluto sull'identità dell'indagato. L'unica cosa che è data sapere è che i fatti risalgono al 15 e al 17 giugno 2010 quando un giudice del Tribunale della libertà aveva autorizzato le perquisizioni nell'abitazione principale e negli uffici del presunto evasore dopo che le prime indagini avviate sulla scorta delle informazioni fornite da Falciani agli inquirenti avevano accertato che l'uomo aveva operato in Svizzera attraverso diversi conti correnti con codici Iban «CH.0868 9...» che corrispondono alla filiale ginevrina di Hsbc Private Bank. Immediata la reazione dei legali della difesa che hanno sollevato una serie di obiezioni all'operato degli inquirenti costringendo la Corte d'appello parigina a invalidare i risultati delle indagini condotte fino a questo momento. E creando un pericoloso precedente destinato a vanificare le preziose informazioni contenute nella lista consegnata alle autorità transalpine dall'ex informatico di Hsbc, Hervé Falciani. Secondo quanto sostenuto dagli avvocati della difesa, Delphine Ravon e Alain Marsaudon, nonostante sia stata sollecitata più volta per fax, l'amministrazione delle Finanze di Parigi si sarebbe rifiutata di consegnare ai legali dell'imputato una copia cartacea o elettronica della documentazione (la lista Falciani, ndr) su cui si basavano le indagini che avevano portato alle molteplici perquisizioni nei locali di proprietà del loro assistito. Non solo. Il procuratore di Nizza, come stabilito dalla sentenza Medvedyev del 10 luglio 2008, non avrebbe goduto dell'autorità per trasmettere i dati contenuti nel computer di Falciani all'amministrazione delle Finanze di Parigi in quanto «il procuratore della Repubblica manca della necessaria indipendenza dal potere esecutivo perché lo si possa considerare come un'autorità giudiziaria», cosi come lo prevede la sua giurisprudenza. A questo si aggiunga un errore procedurale. L'Annesso 1-1 A allegato al faldone contenente le accuse mosse al presunto evasore sarebbe stato prodotto in lingua inglese senza alcuna traduzione ufficiale in francese, come previsto dalla legge 4 agosto 1994. Ma l'accusa più grave riguarda l'utilizzo di informazioni ottenute illegalmente da parte delle autorità e come tali non utilizzabili. «L'origine di questi dati è illegale e l'amministrazione delle Finanze ne era a conoscenza prima della trasmissione da parte della Procura di Nizza», hanno lamentato i legali Ravon e Marsaudon. Una tesi, questa, difficile da smontare che ha costretto il presidente della Corte d'appello di Parigi ad accogliere il ricorso presentato dalla difesa del presunto evasore, aprendo di fatto la strada all'annullamento dei procedimenti ispettivi attuati negli ultimi mesi sui 3 mila nominativi francesi contenuti nella lista Falciani. Con l'unica eccezione degli evasori che hanno deciso, nel frattempo, di venire allo scoperto in maniera volontaria, presentando un'autodenuncia presso gli uffici di Bercy, sede della divisione istituita nell'aprile 2009 dal ministro delle Finanze di Parigi, Eric Woerth, per gestire i casi di amnistia fiscale. Oltre il danno, tuttavia, c'è stata pura la beffa. Il giudice parigino, Line Tardiff, infatti, non soltanto si è visto costretto ad annullare le ordinanze di perquisizione 2010/26 del 15 giugno 2010 e 2010/28 del 17 giugno 2010, ma ha dovuto anche condannare la direzione generale delle Finanze di Parigi al pagamento della somma forfettaria di 3 mila euro al presunto evasore come risarcimento danni ai sensi dell'articolo 700 del Codice di procedura civile, oltre all'assunzione di tutte le spese di natura legale.

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