
La class action sarà infatti uno strumento utile tutte le volte in cui l'impresa convenuta in giudizio voglia evitare il proliferare di contenziosi seriali.
Ove invece non sia nell'interesse dell'impresa essere soggetta a class action, il riferimento nei testi normativi italiani alla identità delle pretese dei danneggiati come condizione di procedibilità dell'azione consente di evitare la procedibilità dell'azione. Questo spiega perché, nonostante sia trascorso oltre un anno dall'introduzione dello strumento, il numero complessivo di class action italiane sia molto limitato, ed i pochi tentativi finora effettuati sembrano più uno strumento di marketing delle associazioni proponenti piuttosto che uno sforzo reale di tutela di interessi collettivi.
Più alto invece il rischio reputazionale come conseguenza di situazioni di crisi legate, per esempio, a prodotti farmaceutici o apparecchiature medicali difettose o alla scoperta di eventi avversi su determinate tipologie di pazienti (temi questi sui quali si è focalizzato il convegno).
L'intervento che ha suscitato il più vivace dibattito con il pubblico è stato quello che ha evidenziato come nell'era della comunicazione 2.0 la gestione delle situazioni di crisi deve tenere conto degli effetti di propagazione tipici dei social media, per cui gli apparati di gestione delle crisi del secolo scorso potrebbero rivelarsi inadeguati oggi, soprattutto a fronte di pazienti con possibilità di accesso - grazie a internet - a un patrimonio informativo molto più ampio che nel passato. Da rivedere probabilmente anche - almeno nelle situazioni di crisi - alcune previsioni legislative quali per esempio quelle che precludono i contatti diretti fra casa farmaceutica e paziente.