
La vicenda riguarda una cooperativa campana alla quale era stato notificato un accertamento basato sugli studi di settore perché, aveva motivato l'ufficio delle imposte di Napoli, in azienda non era stato tenuto, come prescrive la legge, il libro degli inventari. La contribuente aveva impugnato l'atto impositivo e la commissione tributaria provinciale campana lo aveva accolto. La decisione era stata poi confermata dalla commissione regionale. In particolare, secondo i giudici di merito «la sola mancata tenuta del libro degli inventari non consentiva il ricorso all'accertamento sintetico». Dunque la ctr aveva affermato che «il ricorso agli studi di settore e la conseguente applicazione del coefficiente del 75% appare insufficientemente motivato e sotto un certo aspetto arbitrario se non sostenuto dalla certezza delle gravi irregolarità».
Contro questa decisione l'Agenzia delle entrate ha presentato ricorso in Cassazione e lo ha vinto. Infatti il Collegio di legittimità, aderendo fra l'altro alle richieste formulate dalla Procura generale nell'udienza tenutasi al Palazzaccio lo scorso 24 febbraio, aveva sollecitato l'accoglimento del primo motivo del ricorso principale.
Ora a chiudere definitivamente il sipario sulla vicenda dovranno intervenire di nuovo i giudici napoletani a cui gli Ermellini hanno rinviato.
La decisione arriva un po' come una doccia fredda dopo le numerose sentenze che hanno messo «ko» gli studi di settore usati una volta come strumenti inconfutabili di accertamento. Una delle ultime motivazioni depositate al Palazzaccio, forse quella che ha rappresentato la bordata più pesante per il fisco, è la sentenza n. 4792/2011 secondo cui gli studi di settore sono inapplicabile dall'amministrazione nei periodi di saldi.