
Il principio dell'accertamento esecutivo. Come accennato, il principio che ha ispirato il legislatore, in linea di principio, può essere anche condiviso: l'erario creditore individua la strada più breve per recuperare il credito stesso e, dunque, viene eliminato lo strumento della cartella esattoriale. Una volta condiviso il principio si deve però ragionare sulle questioni pratiche che sono essenzialmente legate alla fondatezza degli avvisi di accertamento notificati e che saranno esecutivi, sull'ammontare del debito a carico del contribuente e sulle forme di tutela che un ordinamento giuridico deve garantire a fronte di un atto che comunque incide sulla sfera patrimoniale. Sotto questi aspetti, l'aspetto pratico sembra essere molto lontano dal principio giuridico.
La sospensione degli atti. La prima forma di tutela (quasi l'unica) rispetto alla notifica degli avvisi di accertamento sarà rappresentata dalla fase giurisdizionale. È infatti semplice immaginare come in sede di proposizione del ricorso, il contribuente chiederà la sospensione dell'atto ai sensi di quanto previsto dall'articolo 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e tale richiesta sarà necessariamente esaminata dai giudici in ragione del fatto che l'esame non potrà basarsi sulla cartella esattoriale. È vero che l'Agenzia delle entrate ha affermato nella circolare n. 4 del 2011 che la richiesta di sospensione può avvenire anche mediante le disposizioni di cui all'articolo 39 del dpr n. 602 del 1973 e dunque indirizzata agli uffici. Si tratta di comprendere, nella sostanza, quali saranno i requisiti che gli uffici valuteranno al fine di concedere la sospensione e se gli stessi saranno analoghi a quelli previsti nell'ambito del contenzioso. È questo uno dei punti toccati dalla circolare dell'istituto di ricerca nella quale si formula l'auspicio di una modifica normativa mediante la quale l'esecuzione dell'atto possa essere impedita nel caso di richiesta di sospensione e sino alla definizione della richiesta stessa. Tenendo conto anche dei tempi delle commissioni tributarie è agevole immaginare come i nuovi avvisi di accertamento costituiranno un elemento di estremo rischio rispetto alla attivazione delle procedure esecutive anche quando gli stessi si rivelano poi del tutto infondati. Servirebbe dunque un meccanismo che pesi nel giusto modo i vari istituti avverso i quali si rende possibile opporsi alla notifica dell'atto.
Le somme dovute in caso di impugnativa. In occasione della videoconferenza organizzata da ItaliaOggi lo scorso 14 gennaio 2011, l'Agenzia delle entrate ha precisato come laddove il contribuente, pur avendo impugnato il ricorso, non provveda al pagamento di metà dell'imposta accertata entro i termini di proposizione del ricorso stesso, lo stesso sarà soggetto anche alla sanzione per omesso versamento. È questo un ulteriore aggravio previsto nel nuovo sistema (anche se in sede di risposta l'Agenzia ha sostenuto che il nuovo sistema si manifesta più favorevole per il contribuente), e di fatto sconosciuto sinora nell'ambito del sistema che prevede invece la notifica della cartella esattoriale. Questa impostazione, relativa all'obbligo di corresponsione della sanzione per omesso versamento viene fortemente criticata nella circolare nella quale si osserva come ai fini delle imposte sui redditi (non sempre ai fini dell'Iva) la previsione di specie non sia di fatto disciplinata. Anche questo è un elemento di cui tenere conto in considerazione del fatto che, come correttamente osservato nella circolare, il riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 sono da riferirsi soltanto al caso degli omessi versamenti che non derivano da un atto impositivo quale l'avviso di accertamento.