
«Non si può risolvere la questione», spiega ancora Camporese, «adducendo l'obbligatorietà della contribuzione previdenziale come elemento sufficiente e cogente nell'attrazione del sistema in ambito pubblico definendo le Casse addirittura organismi di diritto pubblico. La finalità pubblica, questa sì evidente, è sottoposta al divieto a fruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici sancita, tra l'altro, dalle stesse leggi di privatizzazione e giustamente richiamata dall'Autorità». Riguardo la sentenza del Tar avversa all'Enpam e ricordata dall'Authority, l'Adepp afferma che «va anche ricordato che la giurisprudenza in materia non appare univoca, altre sentenze sono di segno opposto. L'ente dei medici, affiancato dall'Adepp, ha già deciso di impugnare davanti al Consiglio di stato il pronunciamento specifico».
«Anche noi chiediamo al Parlamento una soluzione della questione», conclude l'Adepp, «in senso diametralmente opposto. Da anni sosteniamo un definitivo chiarimento sul nostro profilo di privatizzazione, sui controlli ai quali siamo sottoposti e sul nostro diritto, per il bene degli iscritti e nella massima trasparenza, a decidere in autonomia le procedure di gestione e gli impianti previdenziali e statutari».
Critica, rispetto all'Autorità di controllo sui lavori pubblici, anche la posizione della Cassa forense. «L'idea di riportare sotto l'ombrello pubblico le casse di previdenza private dei professionisti è una tentazione ricorrente della politica», afferma il presidente, Marco Ubertini, «la prossima settimana tutte le casse di previdenza, attraverso l'Adepp, ribadiranno la loro posizione, ma posso certamente anticipare che, almeno per quanto riguarda gli avvocati, la privatizzazione della Cassa è ormai un processo acquisito dal quale non si torna indietro. Abbiamo fatto sacrifici, abbiamo messo a posto i conti e abbiamo garantito la stabilità di lungo periodo che ci era stata richiesta», conclude Ubertini, «abbiamo anche dimostrato efficienza nella gestione del nostro patrimonio».