
Come è ben noto la difesa tecnica è l’attività professionale del commercialista (o di altro professionista abilitato) che patrocina la lite instauratasi tra il contribuente/cliente e l’Agenzia delle Entrate o altro Ente pubblico cha ha emesso un atto di natura fiscale.
Nel processo tributario al professionista viene conferito non solo l’incarico di assistenza tecnica ma anche la rappresentanza processuale.
Al termine del processo incardinato, la Commissione Tributaria adita liquida, con la sentenza, anche le spese giudiziali, ivi compresi i diritti e gli onorari del difensore della parte vittoriosa, da porre a carico della parte soccombente, salvo la compensazione delle spese quando sussistono le condizioni idonee per tale compensazione.
La fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione – Sezione I Civile – e di cui alla sentenza n. 21963/11 è invece relativa ad una difesa stragiudiziale che ha portato all’annullamento, in via di autotutela, dell’atto illegittimamente emesso dalla amministrazione fiscale.
Tale sentenza conferma un filone giurisprudenziale già consolidato che ritiene la Pubblica Amministrazione responsabile dei danni recati al contribuente a seguito dell’emissione di un atto illegittimo e del suo mancato o ritardato annullamento.
Danni che possono identificarsi nelle spese sostenute per la difesa tecnica ossia diritti, onorari e spese del professionista incaricato.
La novità del principio espresso dalla Suprema Corte con la suddetta sentenza è che la responsabilità della Pubblica Amministrazione non consiste soltanto nel mancato o ritardato annullamento di un atto illegittimo (come sostenuto da una certa dottrina) ma nell’emissione in se e per se dell’atto illegittimo.
Il danno da rifocillare consiste nella spesa sostenuta per difendersi da esso.
Dott. Nino Maffia