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Le impronte papillari

del 04/10/2011

Le impronte papillari

Le impronte – cenni generali
Le superfici dei palmi delle mani, delle piante dei piedi e delle dita sono caratterizzate da una struttura particolare costituita essenzialmente dalle papille dermiche che, nel loro insieme, determinano la formazione delle cosiddette creste cutanee; queste ultime non sono altro che piccoli rilievi carnosi che contengono i corpuscoli tattili. L'impronta papillare è data dal deposito del sudore al contatto delle creste cutanee con una superficie. Le impronte possono però formarsi anche per semplice asportazione di materiale da una superficie (ad esempio polvere) che rimane adeso al polpastrello, oppure per semplice pressione esercitata su materiale plasmabile (ad esempio plastilina), o anche per apposizione di particolari sostanze (ad esempio grasso, sangue, vernici eccetera) di cui si sono imbrattate le dita.
La dattiloscopia si basa su tre principi: l'immutabilità delle impronte nel corso della vita, la variabilità, ovvero la differenza di una impronta dalle altre, anche appartenenti ad uno stesso individuo, e la classificabilità delle impronte digitali.

I componenti delle impronte e loro persistenza
L'impronta papillare è in genere costituita da secrezioni naturali (ed eventualmente da contaminazioni) prodotte da tre tipi di ghiandole superficiali: le ghiandole sudoripare ecrine ed apocrine e le ghiandole sebacee. Le superfici palmare e plantare della pelle sono caratterizzate solo da ghiandole ecrine. I componenti dell'impronta papillare possono essere così suddivisi:

  • organici - acidi amminici, urea, acido urico, acido lattico, zuccheri, creatinina, colina e talvolta proteine, carboidrati, steroli, acidi grassi, gliceridi, idrocarburi ed alcoli;
  • inorganici - cloruri, ioni metallici, solfati, fosfati, ammoniaca, acqua (> del 98%).

Un’impronta delle creste papillari resiste al decorso del tempo fino a quando non intervengono particolari circostanze che ne determinino la cancellazione. Ricerche svolte dal dipartimento di Polizia di Varsavia – Baniuk nel 1990 tese ad osservare l’evoluzione nel tempo di impronte papillari lasciate su diversi tipi di superfici non porose (vetro, metallo e plastica) hanno permesso di rilevare che le impronte restano più a lungo sul vetro rispetto alla plastica a causa della carica elettrostatica che vi attira la polvere. Si è potuto appurare inoltre che le impronte in cui prevalga la componente sebacea hanno una durata nel tempo 5 volte maggiore rispetto a quelle a prevalenza di secrezioni ecrine, mentre la durata di un’impronta non esposta alle intemperie risulta di 15 volte superiore rispetto ad un’analoga impronta conservata all’esterno.
Il processo d’invecchiamento delle impronte non è regolare ma risulta accelerato da fattori quali l’elevata temperatura, il basso tasso di umidità, l’esposizione alla luce e alla polvere; di contro risulta rallentato dalla bassa temperatura e da un alto contenuto in grassi dell’impronta.

Anatomia dell'impronta digitale, il dermatoglifo
Viene definita in anatomia dermatoglifo la linea rilevata della cute che disegna sui polpastrelli delle dita, sulla palma della mano e sulla pianta del piede figure di varia forma. Le impronte digitali presentano sui polpastrelli tre sistemi di linee papillari di differente sviluppo: il sistema di base, quello marginale e quello centrale. Esistono però impronte digitali che sono prive del sistema centrale.
La presenza o meno del sistema centrale determina o esclude l'appartenenza dell'impronta a uno dei quattro tipi fondamentali utilizzati dalla classifica italiana, che sono:

  1. figura adelta
  2. figura monodelta
  3. figura bidelta
  4. figura composta.

Il delta è la particolare forma che assumono le linee papillari nelle zone dove si congiungono i tre sistemi di linee. E' perciò presente soltanto quando nell'impronta vi sono tutti e tre i sistemi. Le linee nelle zone di congiungimento dei tre sistemi assumono una conformazione che ricorda la lettera maiuscola greca "delta" costituita da un triangolo.
Adelta, sono le impronte in cui il delta è assente o è scarsamente definito, per l'assenza del sistema centrale.
Monodelta, sono invece le impronte caratterizzate dalla presenza di un solo delta; in questo sistema oltre ad essere presente il sistema di base ed apicale è presente il sistema centrale, formato da creste papillari che partendo da un lato del polpastrello, dopo uno sviluppo ad ansa, tornano allo stesso lato.
Bidelta, sono le impronte caratterizzate dalla presenza di due delta. In questa figura il sistema assume uno sviluppo ampio e presenta un andamento a spirale o concentrico.
Composte, sono le impronte caratterizzate da due delta con due sistemi di linee papillari ad ansa che si accavallano o nei quali uno ne racchiude un altro.

Utilità giuridica
Il problema dell’utilità giuridica si può sintetizzare nel modo seguente: considerando due porzioni di impronte occorre stabilire quanti e quali parametri siano sufficienti per affermare oltre ogni ragionevole dubbio che appartengano alla stessa persona.
La giurisprudenza italiana ritiene l’identificazione sicura qualora si siano riscontrati almeno 16-17 punti caratteristici uguali per forma e posizione; infatti - come ha calcolato il Balthazard - se due corrispondenze possono riscontrarsi ogni sedici impronte, tre ogni sessantaquattro, quattro ogni duecentocinquantasei, diciassette concordanze si possono ritrovare ogni 17.179.869.184 impronte, garantendo un’identificazione con un margine di errore pressoché nullo.
Tuttavia, per quanto riguarda il numero minimo di corrispondenze necessarie per l’identificazione, l’orientamento a livello internazionale non è univoco: per l’I.A.I.(International Association for Identification) non vi è un numero minimo di corrispondenze che permette di affermare che due frammenti di impronta provengano dallo stesso individuo, ma è il dattiloscopista che deve valutare caso per caso il numero e tipo di minuzie presenti.
In ogni caso quasi tutti i paesi hanno fissato un numero minimo di punti di corrispondenza per garantire l’identificazione dell’impronta; ad esempio, in alcuni paesi, sono sufficienti addirittura 6, 7 o 8 punti di concordanza.
Nella maggioranza dei Cantoni della Svizzera i punti di concordanza devono essere 12 tranne per il cantone di Ginevra dove si ammette il giudizio d’identità sulla base di 8 punti. Per Francia, Gran Bretagna e Italia il numero minimo è di 16-17 concordanze. Negli Stati Uniti e in Canada non è fissato un numero minimo di corrispondenze necessarie per l’identificazione.
Per l’Italia i criteri impiegati nell’attuale giurisprudenza sono chiaramente definiti nella sentenza n.2559 del 14 novembre 1959 della seconda sezione della Corte Suprema di Cassazione (ricorrenti il pubblico ministero e Maccagni) che testualmente recita: “Invero, dopo talune oscillazioni, questa Corte Suprema ha affermato il principio […] che le emergenze delle indagini dattiloscopiche offrono senz’altro piena garanzia di attendibilità, anche quando esse concernono solo una porzione di dito, sempre che dalle dette indagini risulti la sicurezza dell’identificazione dell’impronta attraverso l’esistenza di almeno 16-17 punti caratteristici uguali per forma e posizione”; e ancora: “[...] conformemente ai risultati delle più moderne ricerche scientifiche, l’indagine identificativa di una persona attraverso le impronte digitali dà piena garanzia di attendibilità senza bisogno di elementi sussidiari di certezza, quando si riscontri l’esistenza di almeno 16-17 punti caratteristici uguali per forma e posizione, anche se le impronte appartengono solo alla porzione di un dito”.

Dr. Oscar Ghizzoni
Studio Dr. Oscar Ghizzoni

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