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Legge delega e riforma fiscale

del 30/07/2014

La delega fiscale si prefigge di semplificare la normativa e gli adempimenti ma non ha come obiettivo primario quello di creare norme certe, chiare e stabili nel tempo, in quanto non si occupa delle modifiche delle norme sostanziali su cui è costruito il sistema fiscale italiano.

Come accadeva agli inizi del Settecento, i cittadini scozzesi di quel tempo dichiaravano fedelmente i propri redditi e patrimoni pagando le imposte serenamente senza evasione. Questo comportamento derivava dalla fiducia verso un sistema fiscale le cui norme erano certe e semplici e verso uno Stato che spendeva i tributi nell'interesse della collettività.

E’ pertanto necessario creare fiducia nei cittadini che pagano le imposte per sconfiggere l'evasione fiscale. L’attuale sistema fiscale italiano, oltre a essere complesso e incerto, risulta ancora fermo a norme obsolete ed anacronistiche legate alla riforma Visentini le cui regole, seppur valide, sono state spesso stravolte per mere esigenze di cassa ed in generale non sono in linea col mutato contesto economico.

La politica tributaria, basata su un buon sistema fiscale, andrebbe condotta in modo da favorire  la competitività delle imprese nazionali, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese italiane che rappresentano l'ossatura del sistema produttivo.

Pertanto, se si vuole stimolare lo sviluppo e favorire la crescita, si deve mettere in conto di operare una completa riforma fiscale, rendendo il sistema competitivo, efficiente, semplice e basato sulla certezza della norma, e quindi quanto previsto dalla delega fiscale non è sufficiente.

Tutto questo è ora urgente, considerando il difficile momento che sta attraversando l’economia italiana caratterizzata da una inesistente crescita del prodotto interno lordo, da un sistema produttivo prevalentemente composto da piccole e medie imprese, dall'accresciuta competizione internazionale dovuta all'allargamento dell'Unione europea a numerosi altri Paesi, da una partecipazione alla competizione dei grandi Paesi emergenti, soprattutto Asia e India e all'apertura di nuovi enormi mercati.

In uno scenario di questo genere, la politica fiscale deve essere condotta in modo da favorire la competitività delle imprese nazionali, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese. L'auspicata riforma fiscale non deve essere però attuata in modo casuale, ma è necessario creare un vero e proprio Codice Tributario omnicomprensivo, formato da una sezione generale e da sezioni speciali relative alle singole imposte (codificazione su due livelli) in modo da garantire, anche rispetto all'ordinamento comunitario, la coerenza e stabilità del sistema fiscale.

L'adozione di una codificazione su due livelli garantirebbe che i principi dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000) possano assurgere al rango di disposizioni preliminari, acquisendo in tal modo una forza giuridica tale da incidere direttamente sull'attività legislativa.

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario riscrivere completamente tutti i Testi Unici delle imposte per rendere stabile e affidabile il sistema fiscale italiano.

L'attuale efficacia dei principi contenuti nello Statuto dei diritti del contribuente è fortemente limitata dal fatto che essa è una legge ordinaria ed è indebolita dalla previsione, recata dallo stesso statuto, di poter essere derogata da una successiva norma.

In uno Stato di diritto, inoltre, non è ammissibile che norme modificate in corso d'anno abbiano effetti sostanzialmente retroattivi al fine di favorire l'amministrazione finanziaria. La retroattività delle norme può essere giustificata solo attraverso un'interpretazione autentica e necessaria per risolvere incertezze od oscurità delle disposizioni.

In conclusione, per dare una vera spinta all'economia italiana e renderla competitiva a livello internazionale, l'ammodernamento del sistema fiscale e la riscrittura dei Testi Unici costituisce un fondamento nell'ambito della politica economica da mettere in atto al più presto.

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