
Se
il Fisco ritarda nel rimborsare le imposte, il contribuente può rivolgersi al
giudice tributario per la liquidazione del danno da svalutazione monetaria (Corte
di Cassazione, VI Sez. Civ. – T con ordinanza 18.12.2013 n. 28332).
La Cassazione
ha accolto il ricorso di una banca che nei primi due gradi di giudizio ha visto
respingere la propria domanda di risarcimento danno ex art. 1224 2^ c. c. formulata
contro l’Amministrazione Finanziaria per via di un eccessivo ritardo nel
rimborso di un credito IRPEG.
La norma citata stabilisce che, nelle
obbligazioni che hanno per oggetto una somma di denaro, sono dovuti dal giorno
della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e
anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno.
Se
prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale,
gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura (1^ c.).
Al creditore
che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento.
Quest’ultimo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi
moratori (2^ c.).
Gli Ermellini hanno chiarito che, anche con riferimento alle
pretese restitutorie vantate dal contribuente nei confronti dell'Erario, opera
il principio che, nel caso di ritardato adempimento di un’obbligazione
pecuniaria, può liquidarsi il danno da svalutazione monetaria, sempre che il
creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe
consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti
dell'inflazione e salva l'applicazione, imposta dalla specificità della
disciplina dell'obbligazione tributaria, di un particolare rigore nella
valutazione del materiale probatorio.
Non
si può negare in astratto il diritto del contribuente al risarcimento del
maggior danno da ritardo nel rimborso delle imposte; salvo adottare rigore
nella valutazione della prova di tale danno.
Così la Corte ammette la risarcibilità del maggior danno previsto dal 2^ comma dell’articolo 1224 c.c.: il giudice del rinvio dovrà procedere alla disamina delle prove al riguardo offerte dal contribuente, verificando che la domanda sia sorretta non dalla mera allegazione della sua qualità d’imprenditore e dalla mera deduzione del fenomeno inflattivo come fatto notorio, ma da specifiche indicazioni in ordine al danno derivatole dalla indisponibilità del denaro determinata dall’inadempimento dell’Erario.