
Secondo quanto sostiene la
recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n.7369 del 14.02.2013) "la cessazione del rapporto
di convivenza, ad esempio, a seguito di separazione legale o di fatto, non
influisce sulla sussistenza del reato di maltrattamenti, rimanendo integri,
anche in tal caso, i doveri di rispetto reciproco, di assistenza morale e
materiale e di solidarietà che nascono dal rapporto coniugale."
La
Corte ha altresì precisato che ciò si desume dalla lettera della norma, che
punisce la condotta di chi sottoponga a maltrattamenti una persona della
famiglia, senza richiedere che il vincolo familiare si accompagni
necessariamente ad un rapporto di convivenza o di coabitazione.
Tale principio
è stato specificatamente affermato anche in relazione a sistematici atti di
percosse, ingiurie, minacce, molestie da parte del marito nei confronti della
moglie separata.
Laddove l'agente "perseveri
nelle condotte integranti il reato di maltrattamenti, dopo la cessazione della
convivenza, senza alcuno iato cronologico, si verifica una protrazione
dell'arco temporale di esplicazione del reato di cui all'art. 572 c.p.".
Se la condotta criminosa si è snodata senza soluzione di continuità dalla rottura si può dunque configurare la sussistenza del reato in oggetto.