Enti ecclesiastici regime fiscale: definizione
Per conoscere da vicino il regime fiscale degli enti ecclesiastici
è necessario fare riferimento all'articolo 20 della Costituzione, che sancisce
che il fine di culto o di religione di un'istituzione o di un'associazione o il
loro carattere ecclesiastico non possono essere considerati una causa di
gravami fiscali speciali o di limitazioni legislative particolari. Nonostante
ciò, gli enti confessionali possono godere di un regime tributario diverso, che
deriva dal Concordato stipulato tra la Santa Sede e il nostro Paese nel
1929. L'articolo 29 del Concordato specifica che agli effetti
tributari il fine di culto o di religione è equiparato a quelli di istruzione e
beneficenza.
Cosa prevede il trattamento tributario per gli enti ecclesiastici?
L'articolo 7 dell'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede (il
cosiddetto Nuovo Concordato) rileva, a proposito del regime degli enti
ecclesiastici, dei cambiamenti rispetto ai privilegi che erano stati concessi
nel 1929 con i Patti Lateranensi. In particolare, le attività
diverse da quelle di culto e di religione che vengono messe in pratica da tali
enti devono essere soggetto al regime tributario che lo Stato prevede per loro,
nel rispetto della finalità e della struttura degli enti. Eppure il trattamento
tributario degli enti ecclesiastici in Italia è molto più articolato e
complesso di quel che si potrebbe immaginare. Seguendo un'interpretazione
prettamente letterale della norma si può dedurre che le attività di religione
sono differenti dalle attività che hanno una natura commerciale. D'altro canto,
l'attività religiosa non può avere un carattere commerciale,
in quanto non è finalizzata alla prestazione di servizi con natura economica né
alla produzione o alla vendita di beni.
1. Quali sono le attività commerciali svolte dagli enti ecclesiastici?
L'organizzazione di viaggi e la fornitura di prestazioni alberghiere,
ma anche la somministrazione di pasti e l'attuazione di soggiorni turistici,
devono essere ritenute a tutti gli effetti delle attività commerciali nel
momento in cui sono eseguite a fronte di specifici corrispettive, e se vengono
svolte in maniera non occasionale sono da considerarsi produttive di reddito di
impresa ai fini delle imposte dirette: in più sono costituenti esercizio di
impresa ai fini IVA.
2. Quali sono le disposizioni sull'IMU per gli enti ecclesiastici?
Le esenzioni dall'IMU devono
essere concesse unicamente agli immobili che sono dedicati in maniera esclusiva
allo svolgimento di attività non commerciali, mentre nel caso di immobili a uso
misto (sia commerciale che non commerciale) viene riconosciuta un'esenzione
unicamente per la parte di unità immobiliare dedicata all'attività non
commerciale. Può accadere, tuttavia, che non sia possibile stabilire con
precisione quali siano le parti di immobili dedicate ad attività commerciale e
le parti di immobili dedicate ad attività non commerciale: in una situazione
del genere, l'esenzione viene applicata in
funzione dell'utilizzo.
3. Come sono disciplinate le erogazioni liberali?
La normativa prevede che le erogazioni liberali siano
deducibili fino a un massimo di 1.032 euro e 91 centesimi: ciò vale sia per le
donazioni a favore dell'Istituto centrale per il sostentamento del clero della
Chiesa cattolica, sia per le donazioni a favore delle confessioni
religiose che hanno sottoscritto delle intese ad hoc con lo Stato
italiano. Tra queste, si ricordano l'Unione italiana delle Chiese cristiane
avventiste, le Assemblee di Dio in Italia, l'Unione delle Comunità ebraiche
italiane, l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia, la Sacra Arcidiocesi
d'Italia ed Esarcato per l'Europa meridionale e la Chiesa Evangelica Luterana.