
Il Consiglio di Stato ha decretato che le casse di previdenza possono avere in portafoglio strumenti derivati che però non superino il 5% del patrimonio investito complessivo. Questo perché un’esclusione definitiva degli strumenti finanziari avrebbe impedito di tutelarsi da alcuni rischi e di realizzare risparmi di costo.
Il Consiglio di Stato ha racchiuso le sue riflessioni in una nota inviata lo scorso 24 febbraio sullo schema del decreto del Ministero dell’economia in materia di investimenti finanziari degli enti previdenziali. Secondo il Mef, il ricorso agli strumenti derivati può essere consentito “nella misura in cui contribuiscano a ridurre il rischio di investimento o facilitare una gestione efficiente del portafoglio. I derivati potranno essere stipulati solo per finalità di riduzione del rischio e a patto che il loro utilizzo sia adeguatamente motivato dagli enti in relazione alle proprie caratteristiche dimensionali e alla politica di investimento adottata”.
Il Consiglio di Stato ha sostanzialmente dichiarato valide le osservazioni del governo, aggiungendo che deve essere garantita “la massima cautela nell’utilizzo di strumenti finanziari particolarmente rischiosi come quelli in derivati”. Infine, i giudici di Palazzo Spada sono tornati a sottolineare l’importanza di utilizzare procedure di evidenza pubblica nell’affidamento del patrimonio gestito delle casse di previdenza.