
In passato su questa disposizione il Consiglio di stato (sez. VI, 2 ottobre 2007 n. 5087) aveva affermato che il divieto opera «nella sola ipotesi in cui il progettista partecipi della esecuzione dei lavori, e non nel caso in cui un soggetto che abbia eseguito lavori partecipi ad una gara per l'affidamento di un incarico di progettazione»; inoltre era stato precisato che la regola è «espressione del principio generale di trasparenza ed imparzialità, la cui applicazione è necessaria per garantire parità di trattamento, che ha per suo indefettibile presupposto il fatto che i concorrenti ad una procedura di evidenza pubblica debbano rivestire la medesima posizione».
Nella modifica proposta all'esame del Parlamento si prevede un divieto non, tout court, a partecipare alle gare, bensì ad «essere affidatari degli appalti o delle concessioni di lavori pubblici, nonché degli eventuali subappalti o cottimi». Fin qui la norma non sembra cambiare molto la situazione attuale. È invece il comma aggiuntivo 8-bis ad introdurre un elemento rilevante laddove stabilisce che il divieto non si applica laddove il progettista dimostri «che l'esperienza acquisita nell'espletamento degli incarichi di progettazione non sia tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori.». In tal senso si era espressa in passato la Corte di giustizia europea, ma quel che è certo è che la dimostrazione di non avere assunto posizioni di vantaggio sarà sempre difficile da dimostrare, dal momento che non è sempre detto che avere messo a disposizione di tutti i concorrenti la progettazione redatta (e quindi posta a base di gara) di per sé costituisca elemento tale da mettere tutti i concorrenti sullo stesso piano. Chi ha studiato l'intervento a fondo progettando a livello preliminare o definitivo difficilmente sarà sullo stesso piano di chi non sa nulla dell'opera.