
Orientamenti contrastanti. La questione riguarda la legittimità del diniego opposto dagli uffici ispettivi alle richieste di accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori nel corso di verifiche ispettive, avanzate da datori di lavoro o loro coobbligati in solido. Una questione, spiega il ministero, connotata da orientamenti contrastanti e oscillanti nel tempo tra due opposti: la prevalenza del diritto di difesa (quindi la illegittimità dei dinieghi agli accessi); ovvero la prevalenza della tutela della riservatezza dei lavoratori unitamente alla preservazione della funzione pubblica di vigilanza (quindi la legittimità dei dinieghi).
Orientamento a sfavore. L'orientamento che ritiene illegittimo il diniego dato al datore di lavoro di prendere visione delle dichiarazioni rilasciate agli ispettori dai suoi collaboratori (lavoratori) si basa sul presupposto che l'esigenza di riservatezza e di protezione dei lavoratori intervistati è recessiva di fronte al diritto esercitato dal richiedente (il datore di lavoro) per la difesa di un interesse giuridico. Peraltro, tale orientamento si fonda anche sulla possibilità che gli ispettori possano intervenire con opportuni accorgimenti (cancellature e omissis per nascondere i nominativi dei dipendenti interessati) al fine di consentire il giusto contemperamento tra gli opposti interessi in gioco: diritto alla difesa e tutela privacy.
Orientamento a favore. L'orientamento che ritiene legittimo il diniego verte invece sulla prevalenza dell'interesse pubblico all'acquisizione di ogni possibile informazione, a tutela della sicurezza e regolarità dei rapporti di lavoro rispetto al diritto di difesa della società o impresa sottoposte a ispezione, poiché il primo non potrebbe non essere compromesso dalla comprensibile reticenza dei lavoratori, mentre il secondo è comunque garantito dall'obbligo di motivazione per eventuali contestazioni e dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere. Peraltro questo orientamento dissente pure dalla possibilità di adottare accorgimenti per celare l'identità dei lavoratori (cancellature ecc.), in quanto tali cautele risultano del tutto insufficienti nelle imprese di piccole dimensioni in cui già il semplice contenuto delle dichiarazioni consente facilmente di risalire alla persona che le ha rese.
La sentenza n. 4035 del 31 luglio 2013. In questo contesto di orientamenti contrastanti, e dopo un biennio di pronunce del tutto favorevoli all'accesso, spiega il ministero, è sopraggiunta la pronuncia n. 4035/2013 con cui il consiglio di stato pur entro certi limiti e previa valutazione caso per caso riafferma la legittimità per gli ispettori (direzioni territoriali del lavoro) di sottrarre all'accesso le dichiarazioni rese durante l'accesso ispettivo (si veda tabella). Ad essa, in conclusione, invita gli uffici a uniformare il proprio operato.
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