
Fuori dal comune.
Accolto il ricorso della società che garantisce la fornitura idrica nella città. Risulta infatti illegittimo, ed è annullato, il provvedimento del primo cittadino con cui si diffidava il gestore a non staccare l'acqua ai morosi e, anzi, a riallacciarla in caso di sospensione già effettuata. Il punto è che i rubinetti non restano a secco all'improvviso ma all'esito di una trattativa infruttuosa sulle bollette arretrate con tanto di raccomandate dell'azienda che avvisavano dell'imminente stop alla fornitura a chi non avesse regolato le pendenze. E soprattutto non è il sindaco del Comune che può intervenire a dirimere la controversia sorta fra privati con l'ordinanza extra ordinem. Si tratta infatti, di uno strumento che può essere adottato soltanto quando ne va dell'igiene, della sanità o dell'incolumità pubblica. Risulta tuttavia necessario che si tratti di un pericolo eccezionale, dunque tale da legittimare un provvedimento che, dopo l'intervento demolitorio della Consulta, risulta espressione di un potere residuale in capo al sindaco.
La Corte costituzionale con la sentenza 115/11 ha infatti escluso l'esistenza di un generale potere del sindaco di emettere ordinanze del genere, dichiarando illegittima la norma su cui si fonda il potere extra ordinem (art. 54, comma 4, dlgs 267/00 sostituito dall'art. 6 del dl 92/2008) nella parte in cui comprendeva la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e urgenti».
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