Dunque, la sezione tributaria ha ribaltato la doppia conforme di merito che aveva ritenuto applicabile alla compravendita di un appartamento con rendita catastale, con annesso garage, privo di rendita, il criterio di valutazione automatica dell'imposta di registro.
La Suprema corte ha invece fissato paletti più stringenti nelle vendite di complessi immobiliari.
Ad avviso del Collegio di legittimità, infatti, «in tema di imposta di registro, l'art. 52 del dpr 26 aprile 1986 n. 131, laddove stabilisce un limite al potere di accertamento dell'Ufficio del registro in ordine agli atti concernenti immobili, ha come presupposti applicativi il fatto che il cespite oggetto dell'atto da registrare, sia dotato di rendita catastale e il fatto che il contribuente abbia indicato il valore attribuito al bene così da permettere il rapporto tra valore cosiddetto automatico e catastale; ne consegue che detta norma non può trovare applicazione quando, avendo ad oggetto l'atto da registrare più immobili, ad alcuni di essi non sia stata attribuita la rendita catastale e nell'atto il contribuente abbia dichiarato un valore complessivo per tutti i beni». Fra l'altro, hanno precisato ancora i Supremi giudici, «laddove stabilisce un limite al potere di accertamento dell'Ufficio del registro in ordine agli atti concernenti immobili, richiede che l'immobile oggetto dell'atto da registrare sia dotato di rendita catastale riferibile allo stato del bene trasferito al momento della cessione, sicché il criterio di valutazione automatica non può trovare applicazione quando, a causa di intervenute modifiche, la situazione di fatto e giuridica risulti modificata rispetto a quella catastale, poiché in tale evenienza è come se l'immobile fosse privo di rendita». Anche la procura generale della Suprema corte ha chiesto di accogliere il ricorso del fisco.
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