
Dapprima, la Cassazione riconferma l'orientamento dominante in dottrina e giurisprudenza secondo cui, nella successione legittima, spetterebbero al coniuge superstite i diritti di abitazione e di uso previsti dall'art. 540, secondo comma, cc, nonostante gli artt. 581 e 582 cc non richiamino la suddetta norma. Si veda, per esempio, Cass. 13 marzo 1999 n. 22639, la quale ritiene «indubitabile l'estensione dei diritti di abitazione e uso al coniuge nella successione legittima», in quanto l'eventualità che il coniuge putativo (come dispone l'art. 584 cc) possa godere di un trattamento diverso e più favorevole rispetto al coniuge legittimo sarebbe contraria al principio di eguaglianza.
Successivamente, resta da decidere se i diritti di abitazione e uso siano da calcolare all'interno della quota di successione legittima spettante al coniuge superstite oppure siano un di più rispetto alle quote determinate dai su citati artt. 581 e 582 cc.
La sentenza in commento aderisce a questa seconda interpretazione, affermando che i diritti di abitazione e uso «devono essere riconosciuti pienamente, avuto riguardo alla già evidenziata volontà del legislatore, che ha introdotto la legge 19 maggio 1975 n. 151, di attribuire al coniuge superstite una specifica tutela del suo interesse alla continuazione della sua permanenza nella casa adibita a residenza familiare durante il matrimonio anche dopo la morte dell'altro coniuge».
Da un punto di vista pratico, infine, il valore capitale di detti diritti dovrà essere stralciato dalla massa ereditaria, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato; quindi, gli eredi provvederanno a dividere il resto del patrimonio che comprenderà tutti i restanti beni, nonché la nuda proprietà della casa adibita a residenza familiare e dei mobili che la corredano.
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