La corsa all'impugnazione delle cause è dietro l'angolo. Con la complicità della prospettiva di lucro relativa all'indennizzo dalla cosiddetta legge Pinto legato alla violazione del termine ragionevole di durata del processo. A lanciare l'allarme su un possibile «uso strumentale» di questa normativa è il ministro della Giustizia, Paola Severino, che in occasione dell'apertura dell'anno forense ha ricordato come i dati del contenzioso relativo a questa legge registrano un continuo aumento: i ricorsi alle Corti d'Appello al 2011 sono 53.138 rispetto ai 44.101 nel 2010, con un incremento annuale del 20,5%. E anche per la Cassazione «la legge Pinto è diventata un'area di rilevante impegno, considerato che l'anno passato sono stati definiti 3.709 ricorsi, pari all'11,3% del totale della produzione». L'interesse economico ad allungare i tempi, ha ammesso il ministro, «è del cliente, ovviamente, non dell'avvocato», ma di fatto si finisce con il creare una sorta di «Pinto bis» o di «Pinto al quadrato», fino al «paradosso che gli stessi procedimenti di indennizzo per violazione della durata ragionevole, causa i ritardi nelle definizioni, generano a loro volta ulteriori richieste per eccessiva durata. In una specie di circolo vizioso che si autoproduce senza fine». Il riferimento al rischio lucro nell'allungamento volontario del processo da parte dell'imputato ha fatto insorgere il presidente del Cnf, Guido Alpa, che a fine cerimonia ha ripreso la parola per replicare al ministro e sottolineare che «è inaccettabile che gli avvocati vengano indicati come coloro che allungano volontariamente i processi a scopo di lucro, specie in un periodo di crisi come questo, quando è altissimo il rischio che i clienti non paghino e che un avvocato finisca per lavorare a lungo senza alcuna forma di remunerazione». Ma non solo legge Pinto perché tra le altre cose il ministro è intervenuto su un altro tema a lei particolarmente caro: la legge sulla mediazione civile, che «seppur con qualche limite, sta producendo qualche risultato utile». E anche in questo caso arrivano i numeri a titolo esemplificativo: nel periodo compreso tra il marzo 2011 e il marzo 2012 gli affari iscritti presso gli organismi di mediazione abilitati risultano pari a 91.690, tenendo conto, comunque, che il flusso è destinato a crescere sensibilmente dal momento che le materie del risarcimento da circolazione stradale e quella delle liti di condominio sono state inserite solo dal 21 marzo di quest'anno. «Per i tentativi di mediazione cui ha aderito la controparte», ha poi fatto notare la guardasigilli, «l'esito è particolarmente confortante, visto che almeno nella metà dei casi si giunge all'accordo: un dato relativo in quanto, per un altro verso, i due terzi dei tentativi di mediazione non vedono purtroppo la partecipazione della controparte, cosicché lo strumento realizza i suoi effetti per il solo 35% degli affari previsti». In definitiva, «può dirsi che se vi è partecipazione al tentativo di mediazione, la sua percentuale di riuscita è alta: quindi, quanto più si incentiverà la cultura della mediazione, più crescerà l'effetto deflattivo sui carichi della giustizia».