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Fisco: Fermo amministrativo, illegittimità risarcita

del 26/06/2012
di: Debora Alberici
Fisco: Fermo amministrativo, illegittimità risarcita
Il giudice amministrativo può accordare al contribuente il risarcimento del danno per il fermo amministrativo illegittimo scattato sulla base di presunte fatture false. Ciò tanto più se l'imprenditore esce pulito dal processo penale per evasione fiscale. È quanto affermato dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione con la sentenza numero 10503 del 25 giugno 2012. Il Massimo consesso di Piazza Cavour ha quindi respinto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate che aveva spiccato un fermo amministrativo a carico di una società accusata di aver emesso fatture per operazioni inesistenti. L'imprenditore era però stato assolto da tutte le accuse nel processo penale. Insomma le presunte fatture false erano in realtà vere. Ma il fisco aveva bloccato con il provvedimento di fermo ingenti capitali (qualche miliardo delle vecchie lire), creando così un danno all'azienda. Per questo l'amministratore aveva chiesto al Tar il risarcimento del danno. Il Tribunale amministrativo lo aveva accordato e la decisione è stata poi confermata dal Consiglio di stato. Contro questa motivazione l'amministrazione finanziaria ha presentato ricorso alla Suprema corte. Gli atti sono stati affidati al massimo consesso di Piazza Cavour perché fra i motivi l'Agenzia ha lamentato un difetto di giurisdizione del Tar, nell'ambito del riconoscimento del risarcimento del danno. Sul punto Piazza Cavour ha motivato che «l'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell'art. 111, terzo comma, Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, riservata alla pubblica amministrazione, è configurabile solo quando l'indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'amministrazione». Ciò nel senso che il sindacato di merito si estrinsechi in una pronunzia autoesecutiva, «intendendosi per tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l'esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa».

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