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La metà degli psicologi non riesce a lavorare

del 13/04/2012
di: di Simona D'Alessio
La metà degli psicologi non riesce a lavorare
Lo psicologo, una professione in affanno: circa 83 mila iscritti agli albi (a cui se ne aggiungono almeno 5 mila ogni anno), ma più della metà non riesce a lavorare. Le cause? Oltre alla crisi globale, una formazione inadeguata prima e dopo la laurea che va rivoluzionata, dice a ItaliaOggi Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine, partendo dalla «definizione del numero degli accessi all'università a livello nazionale, modalità che rende possibile a chi ottiene il titolo praticare l'attività», dopo aver seguito un tirocinio qualificato che porti a «costruire un'identità professionale». Per favorire la transizione dal percorso di studi al lavoro è stata presentata ieri a Roma una proposta di riforma dell'iter formativo della categoria, che già denuncia entrate mediamente basse (si veda la tabella), ma che comprende «migliaia di colleghi che, dichiarando mille, o 2 mila euro all'anno, possono essere tranquillamente definiti dei disoccupati»; a onor del vero, però, negli elenchi figurano «poco meno di 6 mila persone che operano nel settore sanitario pubblico con qualifiche dirigenziali, qualche altro migliaio di dipendenti nella sanità privata, negli enti locali, nel terzo settore e nelle aziende, dove si occupano di organizzazione del lavoro e di consulenza», spiega Palma. Tirando le somme, sono i liberi professionisti, prevalentemente, ad avere redditi più esigui.

Il progetto di restyling, oltre a stabilire una cifra di ingressi negli atenei (con annessa programmazione dei posti disponibili per il praticantato, necessari per assicurare un tutoraggio attento e personalizzato), si fonda sulla necessità di formare e aggiornare i supervisori accreditati dei tirocinanti, per i quali si auspica la costituzione di un elenco pubblico. Lo sviluppo delle competenze non deve, poi, interrompersi: il 97% degli psicologi dichiara di aver seguito corsi di specializzazione, master e iniziative per accrescere le proprie abilità, la cui qualità deve essere valorizzata, adeguandosi agli standard europei. Spazio, inoltre, alla riforma dell'esame di stato, con grande attenzione, insieme ai profili professionali, anche agli aspetti deontologici; l'ordine, che vuole estendere a tutte le sedi che hanno attivato corsi di laurea magistrale in psicologia la possibilità di effettuarlo, chiede che i test da tre diventino due, e che il terzo, definito «pratico», rappresenti il modello da seguire nell'impostazione delle prove da svolgere.

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