
Parola ai giudici. È dunque un'apertura alle unioni gay più formale che pratica, dal momento che si ribadisce che la Repubblica italiana non riconosce i matrimoni omosessuali, spetta alle Camere legiferare per il riconoscimento delle unioni gay e le nozze tra persone dello stesso sesso celebrate all'estero non possono essere trascritte in Italia. E non per la loro pretesa «inesistenza» o «invalidità», ma in quanto atti di matrimonio non idonei a produrre alcun effetto giuridico nell'ordinamento del nostro Paese. L'inesistenza, in particolare, va esclusa perché la Corte europea dei diritti dell'uomo ha abbattuto un altro totem: la diversità di sesso dei nubendi non risulta più rilevante, tanto da far ritenere ormai superata la giurisprudenza di legittimità italiana orientata in tal senso. Ma attenzione: la circostanza che a ogni componente della coppia gay vada comunque riconosciuto il diritto alla vita familiare, oltre che di coppia, consente a ciascuno di adire il giudice per ottenere, per specifiche situazioni (ad esempio, patrimoniali), la par condicio con le coppie etero, sollevando eccezioni di illegittimità costituzionale delle disposizioni che non assicurano trattamento omogeneo in violazione delle norme costituzionali oppure del principio di ragionevolezza. Ma come detto essere titolari del diritto alla vita familiare, di per sé, non può far ottenere la trascrizione del matrimonio omosessuale celebrato in Olanda.
Effetti della sentenza. La sentenza segna tuttavia una svolta in quanto consente di fare a meno del riferimento alla famiglia e ai diritti della famiglia per ottenere riconoscimenti giuridici per le coppie omosessuali. Basta il riferimento all'articolo 2 della Costituzione, il quale riconosce i diritti inviolabili dell'uomo come singolo e come componente di formazioni sociali. Con esso ci si trova di fronte alla possibilità di un parametro costituzionale per estendere alle coppie omosessuali i diritti riconosciuti agli etero. La sentenza apre alla possibilità di questa estensione, anche se potrà avvenire solo attraverso un canale giudiziale. Questo significa affidarsi alla sensibilità costituzionale del giudice di volta in volta coinvolto e significa anche dover aspettare che un certo orientamento si consolidi per poter diventare «diritto vivente» e potenzialmente estensibile a tutti. Questo significa che fino a che non ci si troverà di fronte a una giurisprudenza consolidata è possibile che ciascuna coppia debba agire per ottenere i propri diritti. Le sentenze, infatti, valgono per le parti e non per i terzi. Oppure bisogna attendere che si pronunci su ciascun caso la Corte costituzionale. Insomma si tratta di una strada che implica la costruzione della disciplina delle coppie omosessuali grado per grado e con i tempi della giustizia. In quest'ultimo aspetto sta, peraltro, anche il limite della pronuncia. A ordinamento vigente l'estensione di diritti (es.: diritti di natura patrimoniale) non potrà avvenire che attraverso l'accertamento della disparità di trattamento vagliata ai sensi dell'art. 2 Cost. Questo significa anche, però, che per la progressiva equiparazione dei diritti delle coppie gay si potrà fare a meno del legislatore. Tranne, ovviamente, che per il matrimonio.