Non è più necessaria alcuna autorizzazione di polizia per aprire un internet point, perché il governo Monti non ha prorogato, con il dl 216/2011, di «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative» il termine che, annualmente, veniva rinnovato per il mantenimento dei vincoli per la navigazione in Internet nei locali pubblici. L'obbligo di una specifica licenza, ai sensi dell'articolo 86 del testo unico di pubblica sicurezza, era stato introdotto dal decreto Pisanu dl 155/2005 (conv. in legge 155/2005) con l'introduzione di misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale. In sostanza, l'indomani dell'11 settembre, gli organi di intelligence avevano accertato che la rete terroristica internazionale, per la propria attività criminale, si avvaleva principalmente dei cosiddetti Internet point, ovvero di computer collegati ad Internet nei pubblici esercizi o in circoli privati. Al fine di contrastare tale attività, sono stati emanati nel tempo due distinti provvedimenti: il dl 155/2005, cosiddetto decreto Pisanu ed un decreto, nell'agosto del medesimo anno, che imponeva l'obbligo ai soggetti che mettevano a disposizione del pubblico un pc o una rete wi-fi, di acquisire i dati anagrafici dei soggetti che avrebbero utilizzato la postazione o la rete pubblica. La ratio di queste disposizioni era quella di tenere traccia degli accessi, al fine di poter individuare, con precisione, chi aveva navigato in un determinato sito o spedito una mail ad un certo soggetto. L'inopportunità di perseguire la lotta al terrorismo mediante questi vincoli, tuttavia, era stata già rilevata dall'ex ministro all'interno, Roberto Maroni, che, nel milleproroghe del dicembre 2010, aveva abolito l'obbligo della tenuta dei registri con gli accessi e della stessa licenza per tutti coloro i quali installano la rete wi-fi all'interno del proprio esercizio. In pratica, dall'inizio del 2011, erano obbligati a munirsi della specifica licenza del questore e di registrare i dati di chi la utilizza, soltanto coloro i quali aprivano un internet point. Ciò in quanto chi svolgeva prevalentemente altra attività ne veniva esentato. Tutto ciò anche in relazione al fatto che era stata presentata la proposta di legge bipartisan n. 3736 tesa ad abrogare le norme che limitavano l'utilizzo di Internet a firma degli onorevoli Lanzillotta, Gentiloni Silveri, Barbareschi. Le norme nazionali, illustra il progetto di legge, all'esame delle commissioni, ma oggi diventato inutile, comportano «una tale rigidità nella regolamentazione dell'accesso a internet e, di fatto, una caratteristica che trova riscontro solo in Italia. Va, infatti, segnalato che il citato dl 144/2005 non è frutto di una direttiva europea, ma è stato piuttosto ispirato dal diffuso sentimento di chiusura generato dalle azioni terroristiche. Peraltro oggi l'Italia è l'unico paese in Europa ad avere un regolamento così severo e restrittivo sull'utilizzo delle reti wi-fi aperte». Inoltre, oggi, la scelta di non prorogare i vincoli di accesso ad Internet, è coerente con la decisione del Governo di promuovere la diffusione della rete wireless negli spazi pubblici. È quanto emerge dal Progetto strategico agenda digitale del governo. In pratica, secondo il governo, è necessaria «un'azione volta ad incrementare il numero di hotspot wi-fi, che in Italia è inferiore ad altri paesi, poiché di fatto semplificare la normativa in materia potrebbe incentivare gestori di attività commerciali a offrire connettività per attrarre i clienti». Del resto, sottolinea anche il Progetto strategico, «anche in Italia, [
] sono proprio gli operatori di telefonia mobile a volere maggiore flessibilità nella normativa per il wi-fi. La rete mobile nelle aree di grande concentrazione demografica raggiunge picchi di utilizzo eccessivi che, sempre più spesso la portano alla saturazione. In questi casi diventa, quindi, strategico poter contare sulla capacità di banda offerta dalla rete fissa, erogata in modalità senza fili mediante la tecnologia wi-fi».