
In estrema sintesi, si rammenta che la misura della patrimoniale è fissata nell'1 per mille annuo per il 2011 e per il 2012 per poi divenire dell'1,5 per mille a regime a decorrere dal 2013. La norma non riguarda solo coloro che hanno fatto ricorso allo scudo fiscale, ma anche chi ha sempre debitamente monitorato i propri investimenti in attività finanziarie all'estero, mentre sono esclusi dall'imposizione le attività finanziarie che seppur fisicamente detenute all'estero sono state oggetto del rimpatrio giuridico e ancora godono del rapporto fiduciario: in tal caso, infatti, le attività si considerano giuridicamente in Italia. L'imposta è dovuta in proporzione alla quota e al periodo di possesso nell'anno ed è calcolata sulla base del valore di mercato rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui sono detenute le attività finanziarie, anche utilizzando la documentazione dell'intermediario estero di riferimento per le singole attività. Solo in assenza del valore di mercato è possibile ricorrere al valore nominale o di rimborso. L'imposta è pagata in occasione del versamento delle imposte reddituali a saldo, potendosi solo scomputare le eventuali patrimoniali pagate all'estero. Come nel caso degli immobili all'estero, si è creato una sorta di doppio binario tra regime reddituale e nuova patrimoniale: infatti gli obblighi dichiarativi permangono, così come il meccanismo del credito d'imposta, mentre la patrimoniale ha, di fatto, un micro-sistema autonomo, essendo dovuta anche nelle casistiche di esonero dalla dichiarazione.
Proprio sul punto sarà necessario l'intervento dell'Agenzia delle entrate. A leggere la norma, il prelievo opera su tutte le attività detenute all'estero. Sono dunque coinvolti i cittadini stranieri residenti in Italia, così come sono da includere nell'ambito applicativo le attività finanziarie riferite a emittenti italiani ma comunque detenute per il tramite di intermediari all'estero. Allo stesso tempo, non sussistendo richiami agli obblighi compilativi di Rw, sono coinvolte anche tutte le situazioni di eventuali esonero dichiarativo, come nel caso dei frontalieri (art. 38, comma 13, del dl n. 78 del 2010), dei residenti nel comune di Campione d'Italia (circolare n. 43 del 2009), delle previdenze complementari (circolare n. 11 del 2010) o ancora delle stock option (circolare n. 49 del 2009) e dei conti correnti con disposizione di bonificare automaticamente su un conto italiano gli interessi maturati.
Più delicata invece appare la scelta da effettuarsi in relazione alle attività finanziarie detenute all'estero dai dipendenti che prestano in via continuativa attività lavorative presso la Commissione europea e altri organismi comunitari e internazionali (ad esempio, come illustrato dalla circolare n. 45 del 2010, Onu, Nato, Unione europea, Ocse) e la cui residenza è stabilita in Italia ex lege in forza dell'art.38, co.13, del dl n.78/2010, nonché dai dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all'estero per motivi di lavoro per i quali sia prevista la notifica alle autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari. Tali soggetti sono stati tutti esonerati dall'obbligo del esonerati dal monitoraggio fiscale, esonero peraltro esteso anche al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività lavorativa, nonché ai figli e ai minori a carico. Ma in ordine al prelievo patrimoniale non sembra affatto convincente la tesi che l'esonero dal quadro Rw implichi l'esonero dall'imposizione: come anticipato, se da un lato si considera che non sono previste normativamente delle cause di esclusione e dall'altro si valuta adeguatamente la finalità della disposizione, ossia far «concorrere» tutti coloro che hanno disponibilità all'estero al «sacrificio» nell'interesse della nazione non sarebbero comprensibili cause di esclusione interpretative di favore.