Il principio annunciato
Gli annunciati cambiamenti della manovra che perde il contributo di solidarietà dovrebbero dunque passare attraverso un restringimento delle maglie nei confronti di quelle società intestatarie, solo formalmente, di beni che nella più parte dei casi producono utilità a persone fisiche. La logica di questa principio, come accennato, ha già trovato formulazione sin dal 1994 nell'ordinamento tributario mediante l'introduzione dell'articolo 30 della legge n. 724 del 1994 destinato, appunto, a regolare il fenomeno delle cosiddette società non operative meccanismo che si è fatto via via più stringente e che si caratterizza per:
- l'obbligo di dichiarazione di un reddito minimo laddove i moltiplicatori fissati dalla legge agli asset di riferimento delle società danno un risultato inferiore a quanto previsto dalla legge in termini di ricavi;
- l'irrilevanza di eventuali perdite laddove non si dichiari un ammontare superiore al reddito minimo;
- un sostanziale blocco del credito Iva e la previsione di un valore della produzione minimo ai fini Irap.
Questo meccanismo può essere superato attraverso alcune previsioni che, in parte sono codificate. Si pensi, ad esempio, alla congruità ed alla coerenza delle società rispetto agli studi di settore. L'alternativa è la presentazione di una istanza di disapplicazione all'agenzia delle entrate che deve valutare le circostanze oggettive e di fatto in virtù delle quali la società richiedente non è riuscita a raggiungere la soglia minima di ricavi. È questa una norma a regime che è stata via via limata e uno scenario potrebbe essere quello del suo inasprimento in termini, ad esempio, di incremento dei coefficienti. Il che, però, produrrebbe dei risultati non certi soprattutto per quei soggetti che operano in determinati settori (tipicamente quello immobiliare) nell'ambito del quale non sempre risulta possibile raggiungere un livello di canoni di locazione in linea con quanto richiesto dalla legge.
Gli interventi correlati
Tutte le volte in cui il legislatore è intervenuto in materia di società di comodo ha anche previsto una via di uscita volontaria dal regime in questione mediante una procedura di scioglimento, trasformazione della società o assegnazione dei beni ai soci. Questa potrebbe essere una ulteriore opzione in virtù della quale potrebbe essere conseguito un gettito immediato ottenendo, nel contempo, l'obiettivo di fare «pulizia» di quelle società che appunto non soddisfano i parametri imposti dalla legge.
Una ulteriore ipotesi potrebbe essere quella del rafforzamento del piano di controlli nei confronti delle società che non arrivano a dichiarare un reddito minimo e, dunque, sono da considerare come non operative. I dati in questione sono immediatamente desumibili dalle dichiarazioni dei redditi nelle quali è contenuto un apposito prospetto che deve essere compilato al fine di evidenziare l'operatività o meno della società. Si tratterebbe, in questo caso, di un intervento tipicamente accertativo che potrebbe non garantire un incasso immediato tale da «sostituire» quanto stimato con il contributo di solidarietà. Va osservato, peraltro, che in relazione a situazioni societarie «sospette», il legislatore è già intervenuto nel 2010 con una previsione normativa destinata a colpire quei fenomeni nei quali le società dichiarano perdite per più periodi di imposta muovendo dal presupposto che tale fenomeno fosse un indicatore dello svolgimento di una attività anti economica. Un quadro, dunque, che potrà essere più chiaro esclusivamente con la lettura del testo normativo in quanto, il principio generale di perseguire intestazioni fittizie di beni al momento appare abbastanza confuso. La concretizzazione dello stesso potrebbe passare anche attraverso una tassazione una tantum simile ad una patrimoniale. Senza dimenticare che, in queste situazioni, non è mai da scartare l'ipotesi del varo di qualche tipo di sanatoria. Nello stesso scenario, legato però alla tassazione delle persone fisiche si inserisce l'annunciata campagna autunnale di invio di missive ai contribuenti che non risultano in linea con il redditometro. Anche in questo caso, infatti, il principio non appare difforme. Si tratterebbe, nella sostanza, di quelle situazioni nelle quali dal confronto tra beni la cui disponibilità è riferibile a una persona fisica e reddito dichiarato vi è una discrasia in base alla quale presumere un reddito che non è stato, invece, correttamente dichiarato.