
Ma quali hanno subito i maggiori tagli? Su un ideale podio si collocano primi tra tutti i corsi di laurea dell'area scientifica (-148 corsi di laurea), seguiti da quelli di area umanistica (-129) e sociale (-125 corsi). In controtendenza, invece, l'area sanitaria con 13 corsi di laurea in più nell'ultimo anno (erano 746 nell'anno accademico 2009/2010, ora sono 759). Anche le lauree a ciclo unico (medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, veterinaria, farmacia, chimica e tecnologie farmaceutiche, architettura, ingegneria edile e giurisprudenza) non subiscono riduzioni perché afferenti a professioni regolamentate e, talvolta, con programmazione nazionale degli accessi, anzi aumentano l'offerta e passano da 250 corsi nell'anno accademico 2009/2010 a 266 corsi di laurea nel 2010/2011 (+5,8%).
Le sforbiciate più evidenti si registrano nelle università statali che eliminano l'8,9% dei corsi di laurea, a fronte di una riduzione del 4,4% delle università private. Gli atenei pubblici, complessivamente negli ultimi 4 anni, hanno perso il 19,7% dei corsi di laurea, a fronte di una riduzione del 9,7% delle università private. Il Sud Italia taglia di più (-11,7 % di corsi nell'ultimo anno); seguono le Isole (-8,9%), il Nordest (-8,9%), il Nordovest (-7 %) e il Centro (-6,8%).
Sono gli atenei di media grandezza a ridurre di più l'offerta di corsi di laurea nell'ultimo anno (-16,8%), seguiti dai politecnici (-12,9%) e dai grandi atenei (-9,4%). Minori tagli, invece, nei mega atenei (-2,8%). Tutti tagli, come spiega il presidente del Cun Andrea Lenzi, che sono andati a incidere soprattutto «su quei percorsi troppo di nicchia, superflui o con pochi iscritti. In questo modo stiamo assistendo a una radicale trasformazione in nome della qualità, dell'economicità, della razionalizzazione e del miglioramento della offerta formativa delle università italiane, così come ci si attendeva».