
Nella proposta di legge delle professioni non regolamentate, l'articolo 1, dedicato all'oggetto e alle definizioni della stessa legge, riferisce subito che il provvedimento disciplina le professioni associative, specificando che con esse si intendono «le attività economiche, anche organizzate, volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, e sulla base dei principi deontologici e delle tecniche proprie dell'attività stessa». E che queste professioni «non sono ricomprese nelle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 del Codice civile, con esclusione delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinate da specifiche normative». E' quindi palese la volontà di separare nettamente le attività dei senz'albo da quelle degli ordini, ed è allo stesso evidente che, non intendendo in alcun modo esercitare attività riservate per legge, quelle espletate dai professionisti senz'albo, che pure sono annoverate tra le competenze di altre professioni ordinistiche, sono libere. Il comma 3 non lascia infatti spazio a dubbi: «L'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia, sulle competenze e sull'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica». E così all'articolo 2 – Associazioni professionali – attraverso il quale, una volta precisato il raggio d'azione dei professionisti senz'albo, la proposta di legge passa ad individuare quello delle organizzazioni che li rappresentano. «Lo abbiamo già asserito in diverse altre occasioni», ricorda il presidente, «e non avremmo non potuto ribadirlo all'interno della nostra proposta di legge: non vogliamo che il riconoscimento trasformi le associazioni dei senz'albo in ordini di serie B. Chiediamo solo il lecito e legittimo riconoscimento delle cosiddette nuove professioni, oramai abbondantemente diffuse e conosciute nel mercato del lavoro, e delle associazioni che le rappresentano». Partendo da questo presupposto la proposta di legge spiega quindi che le associazioni professionali non vogliono «alcun vincolo di rappresentanza esclusiva» e che sono costituite da «coloro che esercitano la professione al fine di valorizzare le competenze, diffondere il rispetto di regole deontologiche e vigilare sul comportamento degli associati, favorendo la scelta degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza». «Il comma 5 dell'articolo 2», aggiunge Falcone, «va anche al di là di quello che era opportuno precisare nella legge, assicurando che alle associazioni delle professioni senz'albo riconosciute saranno vietate l'adozione e l'uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi. È dunque un'ulteriore garanzia di quanto ribadito nei commi precedenti, ovvero che, assodato il rispetto delle riserve stabilite dalla legge, per quanto ve ne siano di non condivisibili, non vogliamo in alcun modo interferire nelle attività esclusive degli ordini professionali. Nel comma 6 è infatti precisato ancora più chiaramente che ai professionisti iscritti alle associazioni non è consentito l'esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il reale possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'effettiva iscrizione al relativo albo professionale. Ma, detto questo, nessuna legge può impedirci di esercitare tutte le altre attività non riservate, benché tipiche, ma sicuramente libere. Al contrario, se la nostra proposta sarà licenziata al più presto, come ci auguriamo, ci sarà una legge che evidenzierà proprio questa libertà di esercizio».