
Il giudice tributario deve applicare la sanzione più favorevole al contribuente d'ufficio senza rinviare gli atti all'amministrazione finanziaria. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 26263 del 29 dicembre 2010, ha accolto il quarto motivo di ricorso presentato da un contribuente. Il motivo della decisione resa dalla sezione tributaria risiede nella natura del processo fiscale che, hanno messo nero su bianco i giudici della Suprema corte, “non rientra fra quelli cosiddetti di impugnazione-annullamento ma tra quelli di impugnazione merito in quanto non diretto unicamente all'eliminazione dell'atto impugnato o di parte di esso ma ad una pronuncia di merito sostitutiva”. Pertanto la commissione tributaria regionale di Trieste, che ha bocciato l'appello del contribuente, dopo aver espresso la necessità, in tema di sanzioni, di applicare la norma più favorevole intervenuta successivamente alla notifica dell'avviso di accertamento che conteneva anche le sanzioni, non poteva limitarsi ad una tale affermazione rinviando all'ufficio per la loro determinazione, ma avrebbe dovuto, proprio in virtù del potere di sostituzione di cui è investita, rideterminare essa stessa le sanzioni più favorevoli. Il caso riguarda un contribuente di Trieste al quale era stato notificato dall'amministrazione finanziaria un accertamento Irpef e Ilor. Non solo. L'atto impositivo conteneva anche le sanzioni. A questo punto l'uomo ha fatto ricorso alla commissione tributaria provinciale la quale ha respinto ogni istanza. La decisione è stata poi confermata dalla commissione regionale anche sul punto delle sanzioni. In particolare il contribuente aveva chiesto che queste fossero ridotte in virtù di una legge più favorevole entrata in vigore nel frattempo. I giudici non hanno condiviso questa tesi così lui ha fatto ricorso in Cassazione e, almeno sul fronte sanzioni lo ha vinto. Ora la commissione tributaria regionale dovrà ricalcolarle, tenendo presenti le nuove disposizioni.
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