
L’abolizione dei voucher di lavoro, avvenuta dopo le numerose violazioni in merito a questa forma di retribuzione, aveva lasciato molte perplessità in merito alle prestazioni dei lavoratori saltuari. Il ddl sul lavoro breve e sul lavoro ad intermittenza è stato proposto per sanare questo vuoto. Scopriamo cosa si intende con queste due differenti tipologie di impiego.
Cos’è il lavoro breve: caratteristiche e utilizzo
Pensato come vera e propria alternativa all’uso dei voucher, il lavoro breve è una tipologia che il ddl definisce come occupazione del tutto saltuaria e non caratterizzata da continuità, per questo definibile come occasionale. Ne consegue che anche il reddito derivante da questo tipo di occupazione non potrà essere elevato; il nuovo ddl sul lavoro fissa infatti a 900 euro annui le somme percepibili da un unico committente, per un totale di 2.000 euro all’anno da committenti diversi.
Utilizzare questa nuova forma di impiego dovrebbe essere molto semplice. Il datore di lavoro dovrà infatti accedere all’apposita piattaforma online dell’INPS per comunicare l’inizio dell’attività lavorativa con almeno un’ora di anticipo. Il lavoratore dal canto suo dovrà essere preventivamente iscritto alla piattaforma. Anche il pagamento avverrà tramite questo nuovo strumento digitale, con una tariffa di dieci euro orari, al lordo delle trattenute INPS e INAIL, pari al 20% complessivi. Da questo punto di vista non ci saranno quindi modifiche rispetto ai voucher.
Lavoro breve vs lavoro intermittente: le differenze
Una ulteriore forma di assunzione è quella prevista dal ddl come lavoro intermittente(definito anche a chiamata semplificato). In questo caso è prevista la possibilità di una maggiore continuità nel rapporto di lavoro, che deve però essere saltuario, come già avveniva per il lavoro a chiamata, di cui questa forma costituisce una sorta di caso particolare. Per poter usufruire del lavoro intermittente è necessario che le prestazioni non superino le quattrocento giornate o turni di lavoro nell’arco di un triennio. Esistono tuttavia anche limiti anagrafici per l’utilizzo dei contratti ad intermittenza, che potranno essere utilizzati per la retribuzione di tutte le persone e non solo quindi dei giovani fino a 25 anni o delle persone con più di 55 anni come avveniva invece con il lavoro a chiamata. Diversamente dal lavoro a chiamata, infine, nel contratto intermittente cadono le limitazioni previste dai contratti collettivi nazionali.