La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15334 del 3 aprile 2013, ha affermato che "integra il reato di violenza sessuale la condotta di colui che prosegua un rapporto sessuale quando il consenso della vittima, originariamente prestato, venga poi meno a causa di un ripensamento o della non condivisione della modalità di consumazione del rapporto".
Afferma la Suprema Corte che "il consenso della vittima agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzione di continuità" rigettando così la difesa dell'imputato che, sostenendo che non si trattava di pratiche sadiche imposte bensì di giochi erotici cui la persona offesa si era prestata consapevolmente, sosteneva che trattandosi di un rapporto sadomaso non si poteva ritenere che in ogni momento l'imputato avesse l'obbligo di verificare la persistenza del consenso.
I Giudici di Piazza Cavour hanno condiviso la decisione dei giudici di merito che, facendo corretta applicazione dei principi di diritto, hanno escluso che potesse assumere rilievo un consenso al rapporto sessuale prima prestato e successivamente venuto meno dando conto del fatto che la persona offesa aveva manifestato un rifiuto espresso a determinati rapporti sessuali attuati sotto la minaccia e la diffusione di immagini a carattere sessuale.