
Di un caso di questo tipo si è recentemente
occupata la sentenza nr. 46327/12 della Suprema Corte di Cassazione.
A seguito delle indicazioni di alcuni consumatori, era stato posto sotto controllo il telefono di due coniugi che avevano scambiato degli sms per concordare degli appuntamenti finalizzati alla cessione di droga.
È emerso che la moglie era al corrente del fatto che in casa ci fosse droga e che il marito la cedesse ad altri, anche se concretamente non aveva mai partecipato ad alcun appuntamento con gli acquirenti.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso e confermato la misura cautelare.
Questa decisione conferma un concetto che va radicandosi sempre di più: riguardo le sostanze stupefacenti non occorre un dolo particolarmente accentuato e neppure una materiale complicità con l’autore: il semplice fatto di conoscere delle presenza di droghe in casa e la consapevolezza della destinazione alla cessione integra il reato di concorso in detenzione non finalizzata all’uso esclusivamente personale.
Dunque, la semplice consapevolezza che in casa vi sia droga non è punibile se sia accertato l’esclusivo uso personale, ma la conoscenza di una qualunque diversa destinazione integra invece pienamente il reato e, nel caso in esame, giustifica anche una misura restrittiva.