Interferenze illecite nella vita privata: definizione
L'Interferenza illecita nella vita privata è il reato previsto dall'articolo 615 bis del codice penale. Esso è volto a tutelare la riservatezza e libertà domestica, assicurando
che i luoghi in cui essa si svolge siano al riparo da qualsiasi intromissione
altrui che ne possa pregiudicare la pace, la tranquillità e la sicurezza.
Tale norma descrive due distinte ipotesi criminose.
La prima (cosiddetta indiscrezione o interferenza) è
costituita dalla condotta di chi, attraverso l'uso di strumenti di ripresa
visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla
vita privata che si svolge nei luoghi di privato domicilio. La seconda (cosiddetta
rivelazione o diffusione) è costituita invece dalla condotta di chi rivela o
diffonde, attraverso qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o
le immagini ottenute nei modi su indicati.
In entrambi i casi la pena prevista è la reclusione da sei
mesi a quattro anni.
E’ prevista invece una pena maggiore (reclusione da uno a
cinque anni) se il reato è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato
di pubblico servizio e da chi eserciti –anche abusivamente- la professione
dell'investigatore privato con abuso dei poteri o in violazione dei doveri
inerenti le loro funzioni.
Il reato di interferenze illecite nella vita privata può
essere commesso da chiunque.
L'ipotesi della cosiddetta indiscrezione o interferenza si
realizza mediante l'utilizzo di mezzi "tecnologici"("strumenti di ripresa
visiva o sonora") idonei a carpire immagine e notizie relative alla vita
privata altrui. Anche un telefono cellulare, dotato di impostazioni che
consentano la registrazione di immagini o suoni, può essere uno strumento
idoneo a realizzare il reato in questione. Invece, non rientrano nell'articolo
615 bis codice penale comportamenti consistenti nella semplice osservazione o ascolto
di conversazioni altrui, pedinamenti, appostamenti eccetera.
La giurisprudenza, inoltre, ritiene che rilevi la condotta "indebita" del "terzo estraneo" che si procura notizie o immagini di vicende
che avvengono nei luoghi di privata dimora. In questo senso, ad esempio, è
stato affermato che non commette il reato di cui all'articolo 615 bis il
soggetto che video-registra i suoi rapporti sessuali con il partner convivente
nel medesimo domicilio, senza averne chiesto il consenso, purché il contenuto
non venga diffuso o mostrato ad altri.
L'ipotesi della cosiddetta rivelazione o diffusione consiste
invece nella divulgazione con qualsiasi mezzo al pubblico delle immagini e
delle notizie carpiti nei modi su descritti.
Il reato dell’articolo 615 bis codice penale è perseguibile a
querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di
tre mesi, che decorrono dal giorno in cui si ha avuto notizia del fatto che
costituisce reato, ossia dal momento cioè in cui il titolare del diritto
tutelato ha conoscenza certa -sulla base di elementi seri- di tutte le
circostanze che consentono una seria valutazione dell'esistenza del reato.
La querela va sottoscritta e depositata o a un ufficiale di
Polizia Giudiziaria o alla Procura della Repubblica.
Nei casi più gravi, in cui il reato è compiuto da un
pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio o da chi esercita la
professione di investigatore privato, esso è perseguibile d'ufficio, ossia
senza necessità di querela.
Come tutte le volte che si ha anche solo il sospetto di
essere indagati o di avere subito un reato, è consigliabile contattare un
avvocato penalista al fine di ricevere chiarimenti sul caso concreto e compiere
gli eventuali "passi" che, insieme al legale, venissero giudicati necessari o
anche solo opportuni. Più precisamente, e solo per fare un esempio, per
valutare se formulare una richiesta alla Procura della Repubblica per essere
informati dell'esistenza di procedimenti a proprio carico, oppure per
verificare la sussistenza dei presupposti per una querela.