Indennità di trasferimento: definizione
La contrattazione collettiva integra la disciplina legale sotto diversi aspetti.
Il trasferimento può riguardare il singolo lavoratore (trasferimento individuale) ed essere disposto su iniziativa del datore di lavoro o su esplicita richiesta del lavoratore stesso; può, infine riguardare più lavoratori (trasferimento collettivo).
Il trasferimento individuale su iniziativa del datore di lavoro è l’ipotesi più frequente di trasferimento.
Il datore di lavoro ha un’ampia discrezionalità nel decidere unilateralmente i trasferimenti individuali, a patto che avvengano da unità produttiva a unità produttiva nell’ambito della stessa azienda e che siano motivati da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Tale presupposto non è invece necessario nel caso di trasferimento nell’ambito della stessa unità produttiva.
Consulente del Lavoro
Studio 27 Consulenti del Lavoro Associati
Il controllo sulla legittimità del trasferimento è limitato all’accertamento della sussistenza delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive richieste dalla legge, mentre è insindacabile la scelta del datore di lavoro tra le diverse soluzioni organizzative adottabili.
Le ragioni del trasferimento devono essere di carattere oggettivo e non possono essere determinate da valutazioni soggettive come, ad esempio, quelle che possono giustificare l’applicazione di sanzioni disciplinari:
- deve sussistere un rapporto di causalità tra le ragioni organizzative e il lavoratore che deve essere trasferito;
- il trasferimento deve essere finalizzato al miglior funzionamento dell’azienda e la scelta del dipendente deve essere dettata dalle particolari attitudini di quest’ultimo a ricoprire il nuovo posto di lavoro.
Premesso che il lavoratore in trasferta ha comunque diritto alla retribuzione che gli sarebbe spettata se avesse lavorato nella sua sede abituale, spesso allo stesso viene corrisposta una specifica indennità: si tratta di un compenso, stabilito dagli accordi individuali o dalla contrattazione collettiva, in parte legato alle spese sostenute e in parte strettamente connesso al maggiore disagio causato al lavoratore. La misura dell’indennità è normalmente correlata ai giorni trascorsi dal lavoratore in trasferita.
La giurisprudenza prevalente ritiene che l’indennità abbia natura mista cosí come stabilito dalla legge ai fini contributivi: in parte risarcitoria e in parte retributiva, indipendentemente da come le parti (nel contratto individuale o nel contratto collettivo) l’hanno qualificata. La determinazione deve, però, essere compiuta caso per caso, verificando in concreto la volontà delle parti.
Tutte le spese (o una parte, nel caso di pagamento della diaria) effettivamente sostenute dal lavoratore nell’interesse dell’azienda, sono a carico di quest’ultima. Il datore di lavoro è obbligato pertanto a rimborsare al lavoratore le spese documentate con adeguati giustificativi. I rimborsi spese sono somme che non hanno natura retributiva e, quindi, non incidono su altri elementi della retribuzione, sul Tfr e non sono assoggettati a contributi previdenziali.
PRECISAZIONI:
- i rimborsi spese interenti l’uso dell’autovettura possono essere calcolati facendo riferimento alle tariffe ACI, che tengono conto, a seconda del tipo di autovettura e del numero di chilometri percorsi, del consumo di benzina, dell’ammortamento della vettura, delle spese di assicurazione, eccetera;
- l’indennità di trasferta va a compensare il disagio che deriva al dipendente dal dover rendere la prestazione in un luogo diverso da quello in cui è addetto in via permanente, in quanto la temporaneità dello spostamento non gli consente di organizzarsi definitivamente. Quando però tale disagio non può considerarsi esistente, perché lo spostamento temporaneo non c’è dal momento che la sede abituale di lavoro viene assegnata solo formalmente e non di fatto, il diritto alla trasferta non è intrinsecamente configurabile, mancando l’effettiva modificazione del luogo di lavoro.